Papa Francesco, in ogni persona c’è la presenza di Dio
«Ritorno a casa portando nel cuore un tesoro fatto di persone e di popolazioni che mi hanno segnato; di volti, sorrisi e parole; di storie e luoghi che mi accompagneranno sempre», ha “twittato“ papa Francesco a conclusione del suo «pellegrinaggio penitenziale» in Canada.
In un altro tweet ha poi raccomandato: «Si prosegua nella ricerca della verità, nei percorsi di guarigione e riconciliazione e si semini speranza per indigeni e non indigeni, che desiderano vivere fraternamente». Di riconciliazione e di pace il papa ha parlato anche nel telegramma alla governatrice Mary Simon: «Con rinnovata gratitudine per l’ospitalità che mi è stata offerta dal popolo canadese, assicuro a voi e ai vostri concittadini le mie costanti preghiere sul cammino della riconciliazione e della pace». Sei giorni che hanno segnato una tappa importante nel lungo percorso di guarigione e pacificazione, scanditi da parole e gesti con i quali il papa ha voluto incontrare il dolore delle popolazioni indigene, abbracciarlo e chiedere perdono.
«Mai più» è l’espressione più volte risuonata nella cattedrale di Notre Dame a Québec nella quarta giornata del viaggio: «Il dolore e la vergogna che proviamo deve diventare occasione di conversione: mai più!», ha detto Francesco. «E, pensando al cammino di guarigione e riconciliazione con i fratelli e le sorelle indigeni, mai più la comunità cristiana si lasci contaminare dall’idea che esista una superiorità di una cultura rispetto ad altre e che sia legittimo usare mezzi di coercizione nei riguardi degli altri».
Poi, la richiesta di perdono per le vittime di abusi sessuali: «Penso in particolare agli abusi sessuali commessi contro minori e persone vulnerabili, scandali che richiedono azioni forti e una lotta irreversibile. Io vorrei, insieme a voi, chiedere ancora perdono a tutte le vittime. Il dolore e la vergogna che proviamo deve diventare occasione di conversione: mai più!».
«Non permettiamo che alcuna ideologia alieni e confonda gli stili e le forme di vita dei nostri popoli per cercare di piegarli e di dominarli», ha aggiunto. «Ma per sconfiggere questa cultura dell’esclusione occorre che iniziamo noi: i pastori, che non si sentano superiori ai fratelli e alle sorelle del popolo di Dio; gli operatori pastorali, che non intendano il loro servizio come potere. Si inizia da qui. Voi siete i protagonisti e i costruttori di una Chiesa diversa: umile, mite, misericordiosa, che accompagna i processi, che lavora decisamente e serenamente all’inculturazione, che valorizza ognuno e ogni diversità culturale e religiosa».
Occorre essere credibili perché il Vangelo «si annuncia in modo efficace quando è la vita a parlare», ha ribadito papa Francesco: «La Chiesa sarà credibile testimone del Vangelo quanto più i suoi membri vivranno la comunione, creando occasioni e spazi perché chiunque si avvicini alla fede trovi una comunità ospitale», ha ricordato esortando i vescovi canadesi a «vivere una comunità cristiana che diventa scuola di umanità, dove si impara a volersi bene come fratelli e sorelle, disposti a lavorare insieme per il bene comune».
La Chiesa è chiamata ad incarnare questo amore per realizzare il sogno che Dio ha per l’umanità, ha sottolineato il papa: «Questa è la via: promuovere relazioni di fraternità con tutti, con i fratelli e le sorelle indigeni, con ogni sorella e fratello che incontriamo, perché nel volto di ognuno si riflette la presenza di Dio».
L’esperienza del fallimento, tuttavia, non deve fermare il processo di riconciliazione, non deve farci ripiegare su noi stessi, ha detto papa Francesco nell’omelia della Messa al Santuario nazionale di Ste-Anne-de-Beaupré: «Non c’è cosa peggiore, dinanzi ai fallimenti della vita, che quella di fuggire per non affrontarli». Bisogna, perciò, stare attenti a non cadere nella «tentazione della fuga» perché «proprio nelle situazioni di delusione e di dolore», quando si sperimenta il peso del peccato e del fallimento, «il Signore ci viene incontro e cammina con noi».
Mentre papa Francesco è in volo, viene diffuso un comunicato dei vescovi cattolici del Canada: «Questa visita rappresenta una pietra miliare sul cammino della guarigione e della riconciliazione», scrivono menzionando le «scuse sentite e solenni ai popoli indigeni» presentate dal papa «a nome della Chiesa cattolica» e accogliendo l’invito «a continuare ad assistere i sopravvissuti e le famiglie nella guarigione dai traumi subiti».
«Abbiamo ascoltato questo appello e rivedremo un piano d’azione aggiornato durante la nostra Assemblea plenaria nazionale in autunno. Ci auguriamo che i rapporti instaurati in questo processo di pianificazione, in particolare con i partner indigeni sia a livello nazionale che locale, si sviluppino ben oltre questa visita e servano da base per il lavoro che ci attende», affermano ricordando le richieste presentate dalle popolazioni indigene. Tra queste, una maggiore trasparenza nella conservazione e divulgazione degli archivi delle scuole residenziali e la richiesta di restituire i manufatti indigeni conservati presso i Musei Vaticani. «La riconciliazione è un viaggio che coinvolge tutti noi – scrivono i vescovi -, e la presenza del Santo Padre è stata una fonte di speranza e di ispirazione per i canadesi di tutto il Paese».
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