Papa Francesco nello slum di Kangemi
Subito dopo l’appello ai leader mondiali perché si facciano carico dei cambiamenti climatici, papa Francesco ha rivolto la sua attenzione ad alcune delle popolazioni più povere del pianeta. Coincidenza? Non credo. Per Francesco la salvaguardia del pianeta è strettamente legata alla lotta contro la povertà.
Il papa ha dunque iniziato il suo ultimo giorno in Kenia con una visita agli abitanti dei quartieri poveri nel cuore di Nairobi: alle 8:30 del mattino era nello slum di Kangemi. Parlando agli abitanti riuniti presso la chiesa di san Giuseppe lavoratore, ha assicurato che il Signore non li dimentica. La chiesa dei Gesuiti, dove parrocchiani e rappresentanti delle altre baraccopoli della città erano riuniti per accoglierlo, è piccola e semplice. Proprio il tipo di luogo dove penso che Papa Francesco si senta a casa.
Sono circa 2,5 milioni gli abitanti delle baraccopoli di Nairobi: il 60% della popolazione della città occupa solo il 6% del territorio! La baraccopoli chiama Kibera è, da sola, lo slum più grande e popoloso del mondo. Gli organizzatori hanno scelto di ospitare papa Francesco proprio qui. Kibera è noto come lo "slum amichevole ", perché meno pericoloso, meno straziante nella sua disperata povertà, di altri in città.
Dopo un benvenuto colorato, con danze e canti, tipici del popolo africano, capaci di esprimere tutti i tipi di emozioni, il papa ha ascoltato una delle residenti, Pamella Akwede, descrivere come vivono in condizioni “non accettabili per un insediamento umano", con servizi igienici inadeguati e mancanza di istruzione. Suor Mary Killeen, sorella della misericordia, che lavora in questo ambiente, ha elencato altri problemi che affliggono gli abitanti delle baraccopoli tra cui dipendenza, sfratti e accaparramento illegale della terra.
«Come posso non denunciare le ingiustizie che voi soffrite?», ha detto il Papa alla folla che lo salutava con canti ed applausi. In un appello vigoroso ha chiesto l'inclusione sociale, l'istruzione, la protezione per le famiglie; questo come risposta a ciò che egli chiama le conseguenze delle nuove forme di colonizzazione. Questo appello va oltre la situazione di Kangemi, o di qualsiasi altro slum, va oltre il Kenya e l’Africa, per interpellare tutta la comunità internazionale.
E sebbene l’atteggiamento di Francesco fosse affabile e familiare, le sue parole avevano forti connotazioni socio-politiche mentre parlava della terribile ingiustizia dell'esclusione urbana e delle «ferite inflitte da minoranze che si aggrappano a potere e ricchezza, che egoisticamente sperperano mentre una maggioranza crescente è costretta a spostarsi verso periferie abbandonate, sporche e fatiscenti». Lo stesso concetto l’aveva affermato il giorno prima presso la sede delle Nazioni Unite a Nairobi.
I paesi africani, secondo Francesco, sono oggetti di una nuova forma di colonialismo che li costringe ad adottare la cultura del rifiuto, e allo stesso tempo ad abbassare il tasso di natalità. Il papa ha anche sottolineato che molte famiglie devono pagare affitti eccessivi per abitazioni del tutto insufficienti, offerte da imprenditori privati “senza volto” che «accumulano terreni edificabili e tentano persino di appropriarsi dei parchi giochi dei vostri bambini». Francesco ha chiesto migliori infrastrutture e servizi di base tra cui «gabinetti, fognature, canali di scolo».
Egli ha inoltre sottolineato che spesso nei quartieri poveri si trova una grande saggezza, una forte vita comunitaria, solidarietà, pazienza e forza nelle avversità. Questi valori, che «non sono quotati in borsa e non fanno notizia nei rapporti internazionali, ci ricordano che ogni essere umano è più importante del dio denaro».
I gesuiti, l’ordine religioso a cui appartiene Francesco, sono presenti in Kangemi da almeno 20 anni nella parrocchia di san Giuseppe lavoratore. Essi hanno favorito la creazione di piccole comunità cristiane, creato una scuola, alloggi a basso costo e una clinica.
Dopo il Kenia papa Francesco visiterà l’Uganda. La chiave di lettura del suo viaggio è semplice: Francesco ha fatto la storia, sta facendo la storia.