Papa Francesco, «le sfide globali si vincono insieme»
Inquinata. Depredata. Deteriorata. «Quando vediamo queste tragedie naturali – dice il papa a braccio – che sono le risposte della terra ai nostri maltrattamenti, io penso che se chiedessi a Dio cosa ne pensa. Non credo mi direbbe che sia una cosa molto buona. Siamo stati noi a rovinare l’opera del Signore».
Non c’è futuro se distruggiamo la terra e papa Francesco durante l’udienza generale dedicata alla 50esima Giornata mondiale della Terra ricorda un detto spagnolo, già citato nel 2014, «Dio perdona sempre, noi uomini perdoniamo alcune volte, ma il creato non perdona mai e se tu non lo custodisci lui ti distruggerà».
Per questo «siamo chiamati a ritrovare il senso del sacro rispetto per la terra, perché essa non è soltanto casa nostra, ma anche casa di Dio. Da ciò scaturisce in noi la consapevolezza di stare su una terra sacra!».
Una custodia che parte dal basso, come l’idea stessa della Giornata mondiale delle Terra, che parte da un piccolo seme nascosto, da piccoli gesti quotidiani, dove ognuno è chiamato a fare la propria parte. E anche se potrebbe risultare inutile, uno sforzo vano, il bene è sempre diffusivo e contagioso anche se invisibile. «Non bisogna pensare che questi sforzi non cambieranno il mondo».
In fondo si tratta di ritrovare l’armonia con se stessi, con gli altri e con la natura che si è smarrita per l’egoismo, per aver scelto un baricentro predatorio. Sull’esperienza del Sinodo per l’Amazzonia il papa invita a riscoprire «la profezia della contemplazione», che «è qualcosa che apprendiamo soprattutto dai popoli originari, i quali ci insegnano che non possiamo curare la terra se non l’amiamo e non la rispettiamo». «Loro hanno quella saggezza del buon vivere, non nel senso di passarla bene, ma di vivere in armonia con la terra». L’idea parte dall’assunto che «ogni cosa è connessa». Non solo la natura e l’uomo ma anche gli Stati che hanno un futuro solo in quanto interdipendenti.
E apprezza e valorizza le iniziative di singoli e movimenti locali e internazionali nati per risvegliare le coscienza sulla sensibilità ambientale, la protezione della terra e dei poveri, il cambiamento climatico. «Sarà ancora necessario – dice – che i nostri figli scendano in strada per insegnarci ciò che è ovvio, vale a dire che non c’è futuro per noi se distruggiamo l’ambiente che ci sostiene».
Ci vuole concretezza, piani concreti, solidarietà comune come insegna la pandemia da Covid-19 che sta evidenziando che solo insieme, perché siamo tutti nella stessa barca, «possiamo vincere le sfide globali» e prendersi cura degli ultimi.
La custodia del creato sembra come il filo di una matassa che, cominciato a dipanare, può sciogliere tutto l’intreccio delle relazioni umane, delle povertà, dello sviluppo sostenibile e ha insita la visione di vedere la terra e i suoi abitanti «come famiglia unica e interdipendente».
Per questo sono «importantissimi» due incontri, la COP15 sulla Biodiversità a Kunming (Cina) e la COP26 sui Cambiamenti Climatici a Glasgow (Regno Unito).