Papa Francesco: la croce cammino sicuro per ogni cristiano

Terminato il viaggio di papa Francesco nel cuore dell'Europa. Tra i punti principali dei suoi discorsi: la croce come simbolo dell'amore infinito di Cristo, da non usare come simbolo politico o sociale e l'amore come fedeltà, dono, responsabilità: amare per tutta la vita, ha detto ai giovani, è «la vera originalità di oggi».

«Rendo grazie a Dio per avermi permesso di compiere questo #ViaggioApostolico. Sono grato a tutti coloro che in diversi modi hanno collaborato, specialmente con la preghiera. Vi porto tutti nel cuore». È il tweet di papa Francesco al termine del suo 34° viaggio apostolico, il primo dopo il recente intervento chirurgico. «Sono tanti i valori degli ungheresi, mi ha colpito il senso dell’ecumenismo con una profondità grande, grande», ha detto ai giornalisti durante il viaggio di ritorno.

Nelle ultime tappe di questo pellegrinaggio, che si è concluso nelle due giornate della festa dell’esaltazione della croce e di Maria Addolorata, papa Francesco ha indicato con chiarezza la via della croce come cammino sicuro di ogni cristiano. La croce è segno di contraddizione, segno dell’amore di Dio «che volontariamente si offre per ogni uomo», affinché non ci sia «nessuna persona tanto disperata da non poterlo incontrare, persino lì, nell’angoscia, nel buio, nell’abbandono, nello scandalo della propria miseria e dei propri sbagli». La croce va scelta, abbracciata, testimoniata, non ridotta ad un oggetto da portare al collo o in tasca, non ridotta a «simbolo politico, a un segno di rilevanza religiosa e sociale», ha detto il pontefice.

Ai giovani radunati nello stadio Lokomotiva ha parlato di scelte importanti, di amore e di eroismo: «Guardiamo a Gesù, guardiamo al Crocifisso, ci sono entrambi: un amore sconfinato e il coraggio di dare la vita fino alla fine, senza mezze misure». È un messaggio esigente, ma porta alla pienezza della vita e della gioia, a vivere e non «vivacchiare», a «fare della vita un’impresa». «L’amore è per sempre, è fino alla fine, come quello di Gesù», ha ricordato papa Francesco raccomandando ai giovani di non banalizzare l’amore, che non è soltanto emozione e sentimento. «L’amore non è avere tutto e subito, non risponde alla logica dell’usa e getta. L’amore è fedeltà, dono, responsabilità».

Amare per tutta la vita è «la vera originalità di oggi», la vera rivoluzione «è ribellarsi alla cultura del provvisorio». Sono parole che invitano ad una sequela esigente. È l’invito a sognare un domani in cui gli altri – la società, i poveri – attendono le nuove generazioni. «Sognate una bellezza che vada oltre l’apparenza, oltre il trucco, al di là delle tendenze della moda. Sognate senza paura di formare una famiglia, di generare ed educare dei figli, di passare una vita condividendo tutto con un’altra persona, senza vergognarsi delle proprie fragilità, perché c’è lui, o lei, che le accoglie e le ama, che ti ama così come sei». Bisogna avere l’audacia di osare scelte definitive, per avventurarsi nel rischio meraviglioso di amare; occorre guardare se stessi e gli altri con gli occhi della misericordia di Dio, quegli occhi con cui Egli guarda ogni persona che chiede il perdono nel sacramento della Confessione.

Papa Francesco ha parlato di futuro anche rivolgendosi alla Comunità Rom che lo ha accolto nel Quartiere Luník IX: «A chi appartiene il futuro? Ai bambini. Sono loro a orientarci: i loro grandi sogni non possono infrangersi contro le nostre barriere. Essi vogliono crescere insieme agli altri, senza ostacoli, senza preclusioni. Meritano una vita integrata, una vita libera». È tempo di fare scelte lungimiranti e coraggiose, di investire nella loro educazione e di ricercare occasioni di incontro e integrazione. «Il Signore ci vede insieme. Tutti», ha affermato con decisione il papa. Essere tutti insieme, parte della «stessa squadra» perchè «nessuno nella Chiesa deve sentirsi fuori posto o messo da parte».

«Troppe volte – ha osservato il papa rivolgendosi alla comunità Rom – voi siete stati oggetto di preconcetti e di giudizi impietosi, di stereotipi discriminatori, di parole e gesti diffamatori. Con ciò tutti siamo divenuti più poveri, poveri di umanità. Quello che ci serve per recuperare dignità è passare dai pregiudizi al dialogo, dalle chiusure all’integrazione». Dio Padre ci vede tutti suoi figli e «desidera che l’umanità intera diventi una famiglia universale».

Al termine del viaggio, nella Spianata del Santuario Nazionale di Šaštin, papa Francesco è tornato a parlare di amore e compassione ricordando la presenza di Maria Addolorata sotto la croce, invitando tutti ad essere come lei, ad avere «una fede che si fa compassione, che diventa condivisione di vita verso chi è ferito, chi soffre e chi è costretto a portare croci pesanti sulle spalle».

Il pontefice ha, poi, affidato l’umanità a Maria, Madre del cammino: «E, camminando, voi vincete la tentazione di una fede statica, che si accontenta di qualche rito o vecchia tradizione, e invece uscite da voi stessi, portate nello zaino le gioie e i dolori, e fate della vita un pellegrinaggio d’amore verso Dio e i fratelli».

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