Papa Francesco e papa Tawadros
Papa Francesco e papa Tawadros sono i successori di Pietro e Marco, vescovi delle due sedi di Roma ed Alessandria, eletti recentemente, entrambi, in un certo senso, a sorpresa, anche se con modalità assai diverse. Il nome di Tawadros, infatti, è emerso al termine di un lungo processo che ha coinvolto tutta la Chiesa copto-ortodossa per arrivare ad una terna di nomi, dai quali un bambino ha scelto, a sorte, il biglietto su cui era scritto il suo nome. Francesco, è storia di appena due mesi fa, è il nome preso da Bergoglio, la scelta maturata fra i cardinali della Chiesa cattolica, nel giro di poche settimane dalla rinuncia improvvisa di Benedetto XVI.
Francesco e Tawadros, entrambi chiamati a succedere a grandi predecessori: Benedetto XVI, papa teologo capace di un atto come la rinuncia per una salute ormai precaria, e Shenuda, un uomo che ha governato la Chiesa copto-ortodossa ininterrottamente per più di quarant’anni. Sia Francesco che Tawadros si trovano di fronte a sfide formidabili. Per il successore di Pietro c’è la necessità di una riforma interna nel cuore della Chiesa cattolica e il rilancio di una credibilità messa in crisi da scandali e processi, apparentemente inarrestabili, di secolarizzazione. Il successore di Marco è chiamato, invece, a ridare fiducia ad una comunità che sta vivendo un periodo difficile per il suo Paese, che ha coinvolto sia musulmani che cristiani, mettendo però a repentaglio la presenza cristiana in un mondo che ha dato rifugio a Gesù nei suoi primi anni di vita.
I due vescovi di Roma e Alessandria, in questi primi tempi dei loro mandati apostolici, hanno mostrato di essere davvero segno di speranza e di aprire nuove vie di dialogo all’interno delle proprie Chiese e nel mondo attorno a loro.
Francesco e Tawadros si sono incontrati a Roma venerdì scorso in occasione delle visita che il 118esimo successore di san Marco ha voluto fare al 266esimo successore di Pietro. Si è trattato di un atto importante e significativo, il primo dopo lo storico incontro fra i loro predecessori, Paolo VI e Shenuda III, avvenuto quarant’anni fa e terminato con una dichiarazione congiunta in cui venivano posti in evidenza i principali tratti comuni tra le due Chiese, tra cui «la vita divina» che «ci viene data e alimentata attraverso i sette sacramenti», la «comune venerazione della Madre di Dio» e il Battesimo «di cui è espressione speciale la nostra comune preghiera, la quale anela al giorno in cui, compiendosi il desiderio del Signore, potremo comunicare all’unico calice».
Più recentemente, c’era stato un altro incontro, quello tra Giovanni Paolo II e, ancora, Shenuda III, avvenuto nel febbraio 2000. La visita di oggi «rafforza i legami di amicizia e di fratellanza che già uniscono la Sede di Pietro e la Sede di Marco, erede di un inestimabile lascito di martiri, teologi, santi monaci e fedeli discepoli di Cristo, che per generazioni e generazioni hanno reso testimonianza al Vangelo, spesso in situazioni di grande difficoltà». Questa la frase di benvenuto con cui il vescovo di Roma ha accolto l’ospite. Francesco ha sottolineato, poi, i progressi nel cammino ecumenico tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse orientali maturati in questi quarant’anni. Il vescovo di Roma si è dichiarato ottimista, «convinto che, con la guida dello Spirito Santo, la nostra perseverante preghiera, il nostro dialogo e la volontà di costruire giorno per giorno la comunione nell’amore vicendevole ci consentiranno di porre nuovi e importanti passi verso la piena unità».
Proprio in ambito ecumenico papa Bergoglio ha mostrato un apprezzamento particolare per alcune iniziative che il nuovo patriarca copto-ortodosso di Alessandria ha incoraggiato. Particolarmente significativa è stata quella di istituire un Consiglio nazionale delle Chiese cristiane, come «un segno importante della volontà di tutti i credenti in Cristo di sviluppare nella vita quotidiana relazioni sempre più fraterne e di porsi a servizio dell’intera società egiziana». Proprio, riferendosi, alla situazione dolorosa delle comunità cristiane nel Paese del Nord-Africa, papa Francesco parlato di un «ecumenismo della sofferenza», in cui la condivisione delle sofferenze quotidiane «può diventare strumento efficace di unità». Da questa comune sofferenza «possono infatti germogliare, con l’aiuto di Dio, perdono, riconciliazione e pace».
Altrettanto caloroso e significativo il saluto del successore di san Marco, che non ha nascosto la speranza che il momento vissuto in questi giorni «possa essere solo il primo di una lunga serie di incontri di amore e di fratellanza tra le due grandi Chiese». Due le proposte di Tawadros: che il 10 maggio diventi il giorno della «festa dell’amore fraterno tra la Chiesa cattolica e quella copta ortodossa» e un invito a Francesco perché possa visitare l’Egitto: «Spero di avere presto l'onore di accogliere Sua Santità nel mio amato Paese».
L’incontro si è concluso con un momento di preghiera, che ha ulteriormente sottolineato lo spirito di comunione dell’incontro, come è stato sottolineato da P. Ragic Greiche, portavoce della Chiesa cattolica egiziana e membro delle delegazione, all’agenzia AsiaNews. È stata una visita che ha dato «un grande esempio di amicizia e cordialità fra i capi delle due Chiese». Significativo, soprattutto, il fatto che il primo viaggio di Tawadros II fuori dall'Egitto ha coinciso con la scelta di far visita al papa.