Papa Francesco e il leader dei Bektashi
Papa Francesco sempre più si rivela "uomo di dialogo" sulla scia dei suoi grandi predecessori – Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI – ma con un suo stile personale che dimostra un'eccezionale capacità di leggere i "segni dei tempi". Sono sempre più frequenti i suoi incontri con leader religiosi, spesso poco conosciuti, le cui comunità, tuttavia, rappresentano un potenziale contributo alla pace, all’integrazione sociale e alla convivenza fraterna.
In questo quadro generale deve essere letta anche l’udienza concessa in questi giorni a Baba Edmond Brahimaj, capo mondiale della Comunità dei Bektashi, una confraternita musulmana poco nota se non in Albania e in alcuni Paesi (Bulgaria, Macedonia e Turchia) parte dell’antico Impero Ottomano. Si tratta, infatti, di un gruppo di ispirazione e derivazione sufi, fondato nel XIII secolo in Turchia. «È una corrente del misticismo islamico – ha dichiarato Baba Edmond Brahimaj nel corso di una intervista alla Radio Vaticana – che trasmette la pace, la fraternità e la fede nel Signore. È un ponte di collegamento tra Occidente e Oriente. E la via che ha percorso e che percorre il Bektashismo è quella della pace e della fraternità, come unica via che conduce al Signore, che fa incontrare gli uomini come fratelli al cospetto di Dio. È incontro e accoglienza delle persone al di là di ogni appartenenza o di visione religiosa, etnica, di colore o quant’altro».
I Bektashi sono oggi presenti soprattutto in Albania, dove, come tutte le comunità religiose del piccolo Paese, hanno sofferto per decenni le persecuzioni del regime comunista. In diverse occasioni la comunità ha partecipato a eventi promossi dalla Santa Sede, come alcune Giornate di preghiera per la pace ad Assisi e la beatificazione di Madre Teresa di Calcutta nel 2003. Avevano già incontrato papa Francesco nel settembre del 2014 in occasione del suo viaggio in Albania.
Personalmente ho avuto modo di avere un contatto da vicino con Baba Edmond Brahimaj e la sua comunità in occasione dell’incontro organizzato a Tirana dalla Comunità di Sant’Egidio nel settembre dello scorso anno. Si trattava di una serata molto importante per i Bektashi perché veniva inaugurato ufficialmente il nuovo luogo di culto presso il centro mondiale dei Bektashi. Trascorremmo una serata molto interessante accolti con grande calore e spirito di fratellanza con una spiegazione dello spirito di questo gruppo religioso, costretto a chiudere i suoi tekke (centri religiosi) nel 1967 sotto la dittatura di Hoxa. Al termine della visita del nuovo centro avevamo concluso con una cena a cui aveva partecipato anche Baba Edmond Brahimaj, che dal 2011 guida la comunità.
Al termine dell’udienza con papa Francesco, avvenuta nei giorni scorsi, Baba Edond Brahimaj ha dichiarato: «È stato un incontro meraviglioso». Il papa, come spesso avviene in questi casi, ha abbandonato le leggi del protocollo e – ha sottolineato il leader religioso albanese – «si è avvicinato da fratello a fratello, con una grande cordialità. È stato un messaggio di fraternità; abbiamo riaffermato il valore del dialogo, dell’incontro fraterno e dell’importanza che le comunità religiose hanno per la società odierna». Papa Francesco ha ammesso di avere ancora un «ricordo indelebile della visita apostolica in Albania» e di conservarne le immagini nel cuore e nella mente: «La gioventù – un popolo molto giovane – e la forza di questo popolo e di questo Paese. Poi ha ricordato i cimiteri, con le tante tombe delle persone che hanno sacrificato la loro vita, sono state perseguitate e hanno offerto la vita per la fede nel Signore e per la fraternità».
Brahimaj ha apprezzato in modo significativo il fatto che il papa «ha ricordato il lavoro svolto dal Consiglio delle comunità religiose in Albania che si incontra regolarmente proprio per conservare la convivenza pacifica e costruttiva per il Paese. E l’incontro che lui ha avuto con tutte le comunità religiose in Albania, dove ha visto una ferma volontà dell’incontro, del dialogo fraterno, sincero, franco, per trasmettere a tutti i credenti la via dell’amore, dell’incontro e della pace che il Signore ci ha lasciato, perché non ci sono alternative alla via della pace e dell’incontro».
Il bektashismo – aggiunge – «lotta per la famiglia e la difende come fondamento della società: la famiglia, quella tra l’uomo e la donna, come punto fermo per oggi e domani. L’uomo e la donna sono alla pari, godono della stessa dignità e hanno la stessa valenza nel momento della preghiera nel Tempio. Sono accolti alla stessa maniera, senza discriminazioni né distinzioni. Per cui è un’unità, secondo il progetto di Dio. I bektashi non coprono le donne con il burka o con altri tipi di copertura, perché secondo loro l’uomo è l’immagine di Dio e la dignità dell’uomo non deve essere coperta, bensì manifesta, quindi pubblica: l’immagine di Dio non deve essere coperta. Poi sono anche contro ogni forma di violenza e terrorismo di qualsiasi matrice».
La comunità è senza dubbio piccola, ma la sua presenza nei Balcani è significativa, se si pensa che alcune ricerche hanno calcolato che circa il 22% degli albanesi ammette di avere un contatto o di essere influenzati dallo spirito bektashi. Per questo motivo nella complessa realtà balcanica, provata e messa sotto pressione dalle ondate migratorie dell’ultimo anno, è significativo il fatto che Baba Edmond Brahimaj abbia ribadito il sostegno a papa Francesco, «una guida che porta la bandiera della pace, della convivenza pacifica tra le religioni, tra i popoli e le nazioni. Sosteniamo fortemente questo suo percorso e il cammino intrapreso nel nome di Dio e della fraternità tra i popoli».