Papa Francesco ai vescovi: seguite il vangelo e nient’altro
Papa Francesco, nel suo primo discorso all'assemblea dei vescovi italiani, ha chiamato tutti, e innanzi tutto se stesso, alla sequela di Gesù, secondo l’invito forte del Signore a Pietro: "Tu, seguimi".
Questo vale per ogni vescovo, per ogni Chiesa e per ogni cristiano, secondo i diversi ministeri e vocazioni, all’interno dell’unica vocazione cristiana, che genera la sequela di Gesù. E se i giornali distinguono con criteri politici chi è del papa e chi non lo è, nella Cei e altrove, Francesco cambia passo e richiama tutti ad essere davvero del Signore, ad avere lo sguardo del Signore sulla vita di ciascuno e sulla grande storia. Il papa dice che il popolo fedele guarda i pastori. Dunque ci sono lo sguardo del Signore e lo sguardo del popolo e tutti chiedono aiuto per vivere la fede e la vita, spesso segnata da grandi sofferenze, ma anche custodita da molte speranze.
Questa è la missione del vescovo di Roma e dei vescovi. Una missione “che domanda di conoscere il Signore fino a dimorare in lui, e nel contempo, di prendere dimora nella vita delle nostre Chiese, fino a conoscerne i volti, i bisogni e le potenzialità”.
Dunque una missione fondata sull’incontro con il Signore, ma anche sulle storie e i volti che compongono ogni Chiesa, con particolare attenzione ai poveri, ai sofferenti, ai deboli.
Il papa chiama innanzi tutto i pastori alla fede, a rispondere alla domanda di Gesù: "Ma voi chi dite che io sia?". Ecco la questione delle questioni per il vescovo: non la politica, non la società, non l’etica, ma “chi è per me Gesù Cristo?".
Papa Francesco ricorda che il vero pericolo per il vescovo è “Il vergognarsi del vangelo, finendo di stemperare lo scandalo della croce nella sapienza mondana”. Un pericolo evitabile mettendo al centro la fede "come memoria viva di un incontro”.
Il papa elenca le tentazioni del vescovo: la tiepidezza, la ricerca del quieto vivere, la mediocrità, la fretta pastorale, l’accidia, la presunzione di contare solo sulle proprie forze, l’abbondanza di risorse e strutture, le strategie organizzative, l’accomodarsi nella tristezza. Un elenco impietoso. Il papa lo fa non per umiliare qualcuno, ma per chiamare tutti alla conversione, per chiamare i vescovi all’evangelo e all’incontro con il Signore, perché se l’incontro con Lui perde la sua freschezza, finiamo per toccare con mano soltanto la sterilità della nostre parole e delle nostre iniziative.
La sfida posta alla Chiesa italiana e ai suoi vescovi non è politicista, ma teologale. In questi ultimi trent’anni, la Chiesa e i vescovi italiani si sono lasciati prendere da interessi politici e oggi papa Francesco chiama tutti a tornare al vangelo e a nient’altro, per fare come Gesù, che ha vinto il mondo. Ecco il ritorno all’essenziale: "A quel bene che nessuno può toglierci, la sola cosa veramente necessaria".
Ecco il cercare il Signore, come dimensione costitutiva dl vescovo. È "il Signore che avvolge di misericordia le nostre debolezze e tutto rinnova e trasfigura”.
Papa Francesco ricorda che Gesù è l’uomo delle beatitudini e i vescovi sono chiamati ad essere i cristiani delle beatitudini. Lì abitano la povertà, l’umiltà, la mitezza, la purezza di cuore etc.. E conclude il papa, “riconosceremo con stupore e gratitudine che tutto è grazia, perfino le fatiche e contraddizioni del vivere umano, se queste vengono vissute con cuore aperto al Signore, con la pazienza dell’artigiano e con il cuore del peccatore pentito”. Nessuno spiritualismo, ma l’autentico realismo del vangelo. Quel realismo che cambia la storia, che è efficace ben di più dei patti di potere.
La seconda grande questione è il mistero dell’unità della Chiesa: dalla fede del vescovo discende questa responsabilità. L'unità è dono e responsabilità .Questo domanda “un cuore spogliato di ogni interesse mondano, lontano dalla vanità e dalla discordia: un cuore accogliente, capace di sentire con gli altri e anche di considerarli più di se stessi”. L’unità nasce ed è formata dalla eucaristia. E qui ha la forza per sconfiggere tutto quanto attenta all’unità. Anche qui l’elenco del papa è lungo e severo: la gestione personalistica del tempo, le chiacchiere, le mezze verità, la litania delle lamentele, la durezza di chi giudica senza coinvolgersi e il lassismo di quanti accondiscendono senza farsi carico dell’altro, il rodersi della gelosia,l’accecamento indotto dalla invidia, l’ambizione che genera correnti, consorterie, settarismo”.
È una radiografia, che vuole rinviare al peso dell'eucaristia che, come dice il concilio, è fonte e culmine della vita cristiana e trasfigura tutto in fraternità, pace e unità, perdono, accoglienza gli uni degli altri… Ecco la prospettiva di papa Francesco per i vescovi italiani e le loro chiese: il rinnovamento della fede che parte alla centralità dell'eucaristia fino ad avere lì il suo compimento,che ha la misura di una frase di santa Teresina: ”amarlo e farlo amare”.
Infine c’è la dimensione del regno e della storia. Lo sguardo di Dio è rappresentato nel giudizio universale. Anche qui ci sono le tentazioni: "distinzione che facciamo tra i nostri e gli altri, le chiusure di chi pensa solo ai suoi problemi, l’attesa sterile di chi non esce dal suo recinto, rimanere “seduti ai piedi del campanile, lasciando che il mondo vada per la sua strada". Il papa dice ai vescovi che non si può abbandonare la strada, perchè li si incontra lo sguardo di Dio.
Tutto questo si incarna nell'eloquenza dei gesti. Il papa invita i vescovi ad essere vicini alle persone che soffrono. E indica in particolare tre luoghi di questa sofferenza diffusa e talora imponente: la famiglia, la sala di attesa affollata di disoccupati, cassaintegrati e precari e la scialuppa, che accoglie i migranti e i richiedenti asilo. Sono i luoghi della fede, della solidarietà nei quali Dio ci visita. Sono i luoghi della sofferenza e della speranza.
Il papa non ha illustrato un progetto pastorale, ma ha indicato contro la rassegnazione e il catastrofismo la via della testimonianza pubblica della fede che, generata dal vangelo, si fa in ogni luogo solidarietà e accoglienza.
Una lunga stagione si chiude ,che certamente ha prodotto frutti di bene, ma anche errori, che hanno portato la Chiesa ad essere afona del vangelo. In un certo senso la tentazione e il peccato più grave.
Papa Francesco apre una nuova strada, che lui stesso percorre perchè tutti la possano percorrere. Nessuno è escluso, a condizione che si cerchi il regno di Dio e non gli interessi politici e di parte, che si viva la sapienza della croce e non astratti principi, che si attinga alla fonte della eucaristia e non agli interessi ecclesiastici.
Si sta aprendo un tempo di primavera dello Spirito e papa Francesco, con questo discorso, ne annuncia i segni.