Il papa: crediamo ancora nella fraternità universale
Il Vangelo, secondo il papa, ci esorta dunque a «rompere gli schemi noiosi nei quali pretendiamo di imprigionarlo», come ha detto a Riga, capitale della Lettonia, nell’incontro ecumenico nella cattedrale luterana di Santa Maria, costruita nel XIII secolo come cattolica, e che oggi è la più grande chiesa medievale del Baltico.
Proprio l’incontro ecumenico ha offerto a papa Francesco la possibilità di proporre una chiave di lettura della crisi che sembra aggredire il pontificato ma che in realtà è l’espressione della sua grande vitalità. Citando l’esortazione apostolica Evangelii gaudium, il suo documento programmatico, il papa ha aggiunto infatti: «Ogni volta che cerchiamo di tornare alla fonte e recuperare la freschezza originale del Vangelo, spuntano nuove strade, metodi creativi, altre forme di espressione, segni più eloquenti, parole cariche di rinnovato significato per il mondo attuale». «Alcuni – ha osservato – possono arrivare a dire: sono tempi difficili e complessi quelli che ci capita di vivere. Altri possono arrivare a pensare che, nelle nostre società, i cristiani hanno sempre meno margini di azione e di influenza a causa di innumerevoli fattori come ad esempio il secolarismo o le logiche individualiste».
Secondo Francesco, «questo non può portare a un atteggiamento di chiusura, di difesa e nemmeno di rassegnazione». «Non possiamo – ha detto Bergoglio – fare a meno di riconoscere che certamente non sono tempi facili, specialmente per molti nostri fratelli che oggi vivono nella loro carne l’esilio e persino il martirio a causa della fede. Ma la loro testimonianza ci conduce a scoprire che il Signore continua a chiamarci e invitarci a vivere il Vangelo con gioia, gratitudine e radicalità».
«Se Cristo ci ha ritenuti degni di vivere in questi tempi, in questa ora, l’unica che abbiamo, non possiamo lasciarci vincere dalla paura né lasciare che passi senza assumerla con la gioia della fedeltà», ha spiegato assicurando che «il Signore ci darà la forza per fare di ogni tempo, di ogni momento, di ogni situazione un’opportunità di comunione e riconciliazione con il Padre e con i fratelli, specialmente con quelli che oggi sono considerati inferiori o materiale di scarto».
«Se Cristo ci ha ritenuti degni di far risuonare la melodia del Vangelo, smetteremo di farlo?», ha domandato a questo punto il papa, che ha preso come esempio l’importanza storica e culturale della cattedrale ex cattolica che ospitava l’incontro, che ha definito “un emblema di questa città” e della quale ha citato in particolare l’antico e monumentale organo a canne, ancora funzionante, come abbiamo potuto ascoltare. «Per il residente di questo luogo – ha concluso – rappresenta più di un organo monumentale, è parte della sua vita, della sua tradizione, della sua identità. Invece, per il turista, è naturalmente un oggetto artistico da conoscere e fotografare. E questo è un pericolo che sempre si corre: passare da residenti a turisti. Fare di ciò che ci identifica un oggetto del passato, un’attrazione turistica e da museo che ricorda le gesta di un tempo, di alto valore storico, ma che ha cessato di far vibrare il cuore di quanti lo ascoltano». Secondo Francesco, «con la fede ci può succedere esattamente la stessa cosa. Possiamo smettere di sentirci cristiani residenti per diventare dei turisti. Di più – ha concluso – potremmo affermare che tutta la nostra tradizione cristiana può subire la stessa sorte: finire ridotta a un oggetto del passato che, chiuso tra le pareti delle nostre chiese, cessa di intonare una melodia capace di smuovere e ispirare la vita e il cuore di quelli che la ascoltano».