Il papa, il cardinal Zen e le due Chiese
C’è una spinosa e difficile situazione che da decenni sta portando dolore e divisione nella Chiesa cattolica in Cina: la contrapposizione tra una Chiesa ufficiale, legata all’“Associazione patriottica” (cioè fedele al governo di Pechino) e una Chiesa clandestina (invece fedele a Roma). Pazientamente il Vaticano ha cercato di superare questa contrapposizione, coadiuvato da esperti in loco e fuori, e in questi giorni sta prendendo decisioni importanti affinché la poco evangelica contrapposizione sia finalmente superata.
Dopo un lungo lavoro diplomatico, portato avanti dall’arcivescovo Claudio Maria Celli, da decenni coinvolto nella questione del complicato dossier sino-vaticano, la Santa Sede ha chiesto, attraverso lo stesso arcivescovo Celli, ai vescovi legittimi di due diocesi cinesi, Shantou e Mindong, che, una volta che i vescovi illegittimi saranno canonicamente legittimati a Roma, saranno questi ultimi a prendere le redini delle due diocesi. Pertanto, i vescovi “fedeli a Roma” attualmente in carica, dovranno cedere la sede ai nuovi vescovi, uno volta che saranno regolarizzati e quindi anch’essi “fedeli a Roma”.
Ma uno di questi due vescovi ancora in carica, quello di Shantou, l’87enne Pietro Zhuang Jianjian, avrebbe respinto la richiesta comunicatogli dall’inviato della Santa Sede (mons. Celli). A questo punto, il cardinale emerito di Hong Kong, Joseph Zen, da anni appostatosi su posizioni estremiste contro il governo di Pechino e la Chiesa ufficiale legata all’Associazione patriottica ha preso le difese del vescovo di Shantou, attaccando Roma riguardo a questa decisione, reiterando le sue accuse dopo un recente incontro col papa stesso.
Zen, da Hong Kong, dice che tale decisione a Roma è stata presa «non in conformità» col vero pensiero del papa. Secondo Zen, Bergoglio, essendo latino-americano, non conoscebbe bene il dossier sino-vaticano e i suoi collaboratori non lo avrebbero ben informato. Anzi, in Vaticano starebbero «vendendo la Chiesa cattolica in Cina pur di avere la simpatia del governo centrale cinese». In sintesi, questa la questione finita sui giornali che ha creato una certa confusione e un certo sconcerto tra i cattolici cinesi e non solo.
Roma interviene attraverso le parole del segretario di Stato e del direttore della Sala Stampa. Il card. Parolin, su Vatican Insider, sottolinea la sapienza millenaria di un’istituzione che «conosce tutte le sofferenze dei suoi fedeli, ma guarda verso l’eliminazione in Cina della contrapposizione di due Chiese». Parolin ribadisce, prima di tutto, che «il Santo Padre segue personalmente tutta la questione e che i suoi collaboratori in particolare la Segreteria di Stato, aggiorna costantemente il papa degli sviluppi di questa questione, molto importante e che sta particolarmente a cuore al Santo Padre». Aggiunge: «Confidiamo che i fedeli cinesi, grazie al loro spirito di fede, sapranno riconoscere che la nostra azione è animata dalla fiducia nel Signore e non risponde a logiche mondane».
Precisa il card. Parolin: «La soluzione dei problemi esistenti non può essere perseguita attraverso un perenne conflitto con le legittime autorità civili, come ebbe a scrivere Benedetto XVI nella sua lettera ai cinesi del 2007… Nel pontificato di papa Francesco le trattative in corso si muovono esattamente su questa linea: apertura costruttiva al dialogo e fedeltà alla genuina tradizione della Chiesa. Si tratta, perciò, di trovare soluzioni pastorali realistiche che consentano ai cattolici di vivere la loro fede e di proseguire insieme l’opera di evangelizzazio nello specifico contesto cinese».
Da parte sua Greg Burke, direttore della Sala Stampa Vaticana, ha voluto ribadire i punti essenziali della questione delle diocesi di Shanttou e Mindong. Le dichiarazioni del cardinale emerito di Hong Kong, Joseph Zeng (non nuovo a queste vicende), definite da un giornalista asiatico «come quelle di un combattente col ventre a terra», sono espressione di un pensionato che da anni coglie ogni occasione per dare la sua opinione, non sempre richiesta, sull’operato della Santa Sede. In passato, Zen, aveva preso posizioni “contro” ogni possibile avvicinamento a Pechino da parte di Roma, argomentando la cosa con l’impossibilità di un vero e aperto dialogo e con l’impossibilità di uno spirito evangelico che cercasse una riconcilizione col governo di Pechino sulle nomine dei vescovi. Burke parla chiaramente di una contrapposizione tra uno spirito evangelico, perseguito dalla Santa Sede, ed uno spirito mondano, che legge gli eventi da un punto di vista prettamente politico, perciò contrario alla prassi della Chiesa. Così il Vaticano si dissocia dalle dichiarazioni dell’emerito cardinale di Hong Kong.
Per Burke non c’è nessuna teoria politica perseguita per accattivarsi le simpatie di Pechino. E nessuna svendita della Chiesa: invece, «una costante attenzione a tutte le sofferenze del popolo cinese ed un lavoro costante affinché, con lo spirito evangelico, si arrivi ad un prossimo futuro dove non sin parli più di due Chiese in Cina, ma di una sola Chiesa cattolica». Gli interventi vaticani sono insomma rivolti a rassicurare i cattolici cinesi e tutta la Chiesa cattolica: non ci sarebbero manovre di “politica ecclesiastica”, magari architettate da chi non vuole una Chiesa unita, ma una Chiesa in contrapposizione.