Il papa: amore, preghiera e perdono contro la pazzia della guerra
«Bentornato!». È stato questo il saluto dell’arcivescovo della diocesi Bari-Bitonto, mons. Francesco Cacucci, rivolto a papa Francesco, tornato a Bari al termine della “bella pagina” scritta dai 60 vescovi del Mediterraneo riuniti in Puglia per giornate di dialogo, di conoscenza, di prospettive per “Mediterraneo, frontiera di pace”.
L’attesa dei baresi per il Pontefice, che ritorna nella terra che custodisce le reliquie di San Nicola dopo l’incontro del 2018 con i rappresentanti delle chiese ortodosse e mediorientali, è stato ripagato da 40mila presenze nonostante alcuni posti lasciati vuoti probabilmente per l’avanzare dell’ansia da coronavirus.
Prima della celebrazione eucaristica, Bergoglio si è diretto alla basilica di San Nicola. Ha pregato per la comunità barese. A tal proposito, durante il discorso conclusivo con i 60 vescovi ha detto: «Credo che potremmo chiamare Bari la capitale dell’unità, dell’unità della Chiesa!». Una conferma e un impegno per la città chiamata a continuare a tessere legami con il Medioriente e l’Africa del nord per favorire il dialogo interreligioso ed ecumenico.
Papa Francesco ha parlato dopo aver ascoltato gli interventi del cardinale Gualtiero Bassetti, di Vinko Puljic (arcivescovo di Sarajevo) e Pierbattista Pizzaballa, amministratore Apostolico della “sede vacante” del Patriarcato Latino di Gerusalemme, concordi nella necessità di ascoltare le chiese che in molte parti del Mediterraneo rappresentano la minoranza, e seppur bisognose di aiuti economici e solidali sono anche esempio di vera testimonianza e convivenza.
Le parole del papa sono state molto chiare: «Oggi l’area del Mediterraneo è insidiata da tanti focolai di instabilità e di guerra». Quest’ultima, ha aggiunto «è una follia, perché è folle distruggere case, ponti, fabbriche, ospedali, uccidere persone e annientare risorse anziché costruire relazioni umane ed economiche. È una pazzia alla quale non ci possiamo rassegnare: mai la guerra potrà essere scambiata per normalità o accettata come via ineluttabile per regolare divergenze e interessi contrapposti. Mai». Francesco è stato molto diretto sul clima di paura e sulle scelte politiche cieche che mettono in pericolo le famiglie, che creano separazioni, che continuano a generare enormi disagi sociali. «La guerra appare come il fallimento di ogni progetto umano e divino: basta visitare un paesaggio o una città, teatri di un conflitto, per accorgersi come, a causa dell’odio, il giardino si trasformi in una terra desolata e inospitale e il paradiso terrestre in un inferno». E ancora: «A questo io vorrei aggiungere il grave peccato di ipocrisia, quando nei convegni internazionali, nelle riunioni, tanti Paesi parlano di pace e poi vendono le armi ai Paesi che sono in guerra. Questo si chiama la grande ipocrisia».
«A me fa paura – ha aggiunto il papa – quando ascolto qualche discorso di alcuni leader delle nuove forme di populismo, e mi fa sentire discorsi che seminavano paura e poi odio nel decennio ’30 del secolo scorso».
Allora l’occasione creata a Bari diventa quel grido di tutte le minoranze per favorire la libertà religiosa e la dignità, partendo dal “meticciato” mediterraneo, dal dialogo, dall’accoglienza: «C’è bisogno di elaborare una teologia dell’accoglienza e del dialogo, che reinterpreti e riproponga l’insegnamento biblico. Può essere elaborata solo se ci si sforza in ogni modo di fare il primo passo e non si escludono i semi di verità di cui anche gli altri sono depositari».
Gli strumenti per la pace li elenca nell’omelia in piazza della Libertà: preghiera e amore. L’amore è il centro del vangelo domenicale che dice di “amare anche i nemici”. Papa Francesco dice: «Ci farà bene porci anche delle domande: “Io, di che cosa mi preoccupo nella vita: dei nemici, di chi mi vuole male? O di amare?”. Non preoccuparti della cattiveria altrui, di chi pensa male di te. Inizia invece a disarmare il tuo cuore per amore di Gesù».
L’invito ad amare anche chi compie il male è una durissima sfida a cui sono chiamati prima di tutto i 20 paesi che i 60 vescovi hanno rappresentato a Bari, ma il pontefice provoca positivamente: «Sull’amore verso tutti non accettiamo scuse, non predichiamo comode prudenze. Il Signore non è stato prudente, non è sceso a compromessi, ci ha chiesto l’estremismo della carità. È l’unico estremismo cristiano lecito: l’estremismo dell’amore». Amore che è anche perdono. Consegna le armi del cristiano: amore, preghiera perdono. «Chi ama Dio non ha nemici nel cuore. Il culto a Dio è il contrario della cultura dell’odio».
Culto e cultura da rivedere con gli occhi di Dio: «E la cultura dell’odio si combatte contrastando il culto del lamento. Quante volte ci lamentiamo per quello che non riceviamo, per quello che non va! Gesù sa che tante cose non vanno, che ci sarà sempre qualcuno che ci vorrà male, anche qualcuno che ci perseguiterà. Ma ci chiede solo di pregare e amare. Ecco la rivoluzione di Gesù, la più grande della storia: dal nemico da odiare al nemico da amare, dal culto del lamento alla cultura del dono».