Paolo VI e Niwano: un incontro che ha fatto storia
Il 15 settembre del 1965 nel cuore della Città del Vaticano, nei primi giorni della fase finale del Concilio Vaticano II, avvenne un incontro che passò del tutto inosservato agli occhi di coloro che tenevano le lenti puntate sulle decisioni conclusive della grande assise ecclesiale. Paolo VI incontrò un leader religioso giapponese, buddhista mahayana, fondatore negli anni attorno al secondo conflitto mondiale di un grande movimento di rinnovamento: la Rissho Kosei-kai.
Niwano raccontava nelle sue memorie di aver ricevuto fin dal marzo di quell’anno un invito a partecipare alla cerimonia di apertura dell’ultima sessione del Concilio. «Era la prima volta – scrive il leader giapponese – che nella storia della Chiesa cattolica un membro di un’altra fede era invitato a partecipare ad un’assembla dei suo leaders. Mi sentivo onorato, ma allo stesso tempo non capivo come il papa avesse potuto pensare proprio a me».
Il 14 settembre Niwano si trovò nella basilica mentre veniva celebrata la messa di apertura della parte conclusiva del Concilio ed ascoltò con grande attenzione il discorso del Papa, tradotto da un sacerdote giapponese. Fu impressionato dal discorso di Montini anche se dalle sue memorie pare che le sue comprensioni non fossero intonate al testo del papa. Tuttavia, fu impressionato dall’apertura del capo della Chiesa cattolica e ne riportò una forte impressione di umiltà e, soprattutto, d’impegno dei cristiani a lavorare con altri per la pace.
Il giorno seguente, Niwano avrebbe dovuto incontrare padre Pedro Arrupe, eletto da qualche tempo alla guida dei gesuiti, dopo essere stato missionario in Giappone per vari decenni. Improvvisamente ricevette la notizia che il card. Marella aveva ottenuto per lui un incontro personale con Paolo VI. «Ci incontrammo in una sala ricoperta di marmo – ricordava Niwano. – Il papa era ancora vestito di bianco e appena mi vide entrare si alzò, venendomi incontro e dandomi il benvenuto, chiamandomi per nome. Alzai le mani con le quali tenevo il rosario buddhista e salutai il papa nel modo tipico di noi buddhisti. Il papa mi tese la sua mano, ci fu una stretta reciproca e tenne la mia mano fra le sue e così restai fino alla conclusione dell’udienza».
Niwano a distanza di anni ricordava non solo il calore di quella stretta di mani da parte del papa cattolico, ma anche le sue parole. «So ciò che Lei sta facendo per la cooperazione interreligiosa. È meraviglioso, la prego di continuare a promuovere questo meraviglioso movimento». Montini non ebbe timore di confidare al leader buddhista che «in Vaticano il clima nei confronti delle altre religioni sta cambiando. È importante per la gente delle diverse fedi (…) riconoscersi reciprocamente e pregare gli uni per gli altri».
Quell’incontro di pochi minuti confermò nel cuore e nella mente del leader buddhista la necessità di lavorare per la pace e per il dialogo fra le religioni. Nel giro di pochi anni, Niwano, oltre all’impegno con il suo movimento ormai ricco di vari milioni di membri, dette vita insieme ad altri leader religiosi alla World Conference of Religions for Peace (la Conferenza mondiale delle religioni per la pace), oggi ribattezzata Religions for Peace. Fu l’inizio di una lunga collaborazione che dura tutt’oggi e che ha aperto strade d’incontro e di dialogo fra seguaci di diverse fedi e culture. Niwano stesso fu insignito, qualche anno più tardi, del Premio Templeton per il progresso della religione. Questa fu l’occasione per stabilire un’amicizia con Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, che avrebbe invitato a Tokyo dove, nel 1981, la leader italiana ebbe l’occasione di parlare a varie migliaia di buddhisti sulla sua esperienza cristiana.
Sono passati cinquant’anni da allora, il mondo è profondamente cambiato: dalla Guerra Fredda si è passati a quella che molti, compreso papa Francesco, chiamano la Terza Guerra mondiale. Attualmente si vive in una situazione che i politologi definiscono di caos totale. Eppure i rapporti fra uomini e donne di diverse culture e religioni si sono approfonditi e sviluppati e, attualmente, a causa della globalizzazione e delle migrazioni bibliche a cui stiamo assistendo, stanno modificando la geopolitica e la geografia delle religioni.
Quella stretta di mano fra un papa italiano ed un buddhista giapponese rappresenta uno degli elementi di quella che possiamo chiamare ‘profezia’. Due uomini che hanno saputo scorgere i segni dei tempi, capendo che il mondo stava cambiando e che dall’ignorarsi, o peggio dall’odiarsi reciprocamente, era necessario passare al rispetto, all’incontro e all’amicizia.
Il Centro della Rissho Kosei-kai di Roma, il 15 settembre, ha voluto ricordare quell’evento con un piccolo convegno che ha visto rappresentanti di diversi organi cristiani e buddhisti portare la loro testimonianza sul dialogo nato e sviluppatosi a diversi livelli in questi 50 anni. È vero, come diceva Giovanni Paolo II, che gli uomini che sanno guardare al futuro sono quelli che fanno la storia.