Palmira, un ricordo
Se c’è una nota caratteristica che va messa in luce di Palmira Frizzera, questa è la franchezza, la sincerità, la parresia. Lei, che era tra le prime compagne di avventura della Lubich, non ha mai derogato all’imperativo di servire la verità, anche a costo di pagare di persona.
In una intervista nel 2018, mi ha raccontato per filo e per segno un episodio che mi sembra significativo: «Io sono sempre stata sincera, per natura, senza meriti, perché non riesco a parlare dietro le spalle di qualcuno e non riesco a dire le cose senza interezza. E non ho mai accettato che mi si nascondesse la verità. In una meditazione Chiara parlava di “diplomazia della carità”, un concetto altissimo dell’amore, ma che può essere interpretato male, come una scusa per non dire tutta la verità e nient’altro che la verità».
La diplomazia di Palmira passava per una schiettezza a tutta prova. Per questa sua schiettezza disse chiaramente, una volta morta la fondatrice, che la prima generazione, a cui lei apparteneva, doveva farsi da parte per lasciar crescere le nuove generazioni. Non tutti la pensavano così, ma lei sostenne strenuamente il cambiamento che portò all’elezione di Maria Voce.
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La testimonianza di Palmira Frizzera su come andarono le cose quando Chiara Lubich ebbe l’intuizione fondativa che la portò a organizzare l’amore in aspetti specifici (i colori) è contenuta nel volume Impegno partecipazione e dialogo – la politica come amore (di Lucia Fronza Crepaz e Marco Luppi, edito da Città Nuova).