Palestina e Israele, sconfiggere la cultura dell’odio

Ci premono i bimbi di Gaza e di Sderot. Tutti i bimbi. Ho visitato molti ospedali in Palestina e in Israele e ho visto questo miracolo come possibile. Le corsie di ospedale diventano il luogo di una grande conversione che pone il dolore dell’altro, anche del nemico, come più importante del mio.Aiutiamoli a non perdersi e a non smarrirsi nell’odio
Palestina Israele AP Photo/Oded Balilty

«L’odio e la vendetta dove porteranno? Davvero pensiamo di costruire la pace distruggendo l’altro?». Queste le domande di papa Francesco di domenica 16 maggio: «In questi giorni, violenti scontri armati tra la Striscia di Gaza e Israele hanno preso il sopravvento, e rischiano di degenerare in una spirale di morte e distruzione. Numerose persone sono rimaste ferite, e tanti innocenti sono morti. Tra di loro ci sono anche i bambini, e questo è terribile e inaccettabile. La loro morte è segno che non si vuole costruire il futuro, ma lo si vuole distruggere».

Il papa ha parlato sulla guerra a Gaza e sui bambini feriti, sulle mamme palestinesi e sugli anziani e sui disabili, su coloro che non possono scappare a Gaza e da Gaza. Quando accade questo, i bambini vengono mandati a casa per curare i feriti dalla guerra. Mancano i medicinali e gli strumenti medicali.

Le Nazioni Unite devono garantire la cura effettiva di questi bambini. Il papa ci dice che questo è possibile e ciascuno lo può e lo deve fare.
Francesco inoltre, durante la preghiera domenicale dell’Angelus, ha affermato che «il crescendo di odio e di violenza che sta coinvolgendo varie città in Israele è una ferita grave alla fraternità e alla convivenza pacifica tra i cittadini, che sarà difficile rimarginare se non ci si apre subito al dialogo».

Quindi occorre non la retorica ma la concretezza delle parole della solidarietà che vogliono sconfiggere la cultura dell’odio che sta entrando nella società israeliana attraverso le aggressioni personali tra giovani israeliani e arabi palestinesi.

Il papa chiede di intraprendere ora e subito la strada del perdono come via maestra per uscire dalla cultura della guerra, che in ogni momento vuole distruggere quello che potrebbe edificare. Quando il papa ha parlato del perdono la sua voce si è fatta più appassionata ed esigente.

Il vitello d’oro della violenza, col suo potere di sedurre, sta nel cuore di molti in Israele e in Palestina. La via del perdono ci chiama a riconoscere il dolore dell’altro e la sua sofferenza. Le corsie di ospedale diventano il luogo di una grande conversione che pone il dolore dell’altro, anche del nemico, come più importante del mio.

Ho visitato molti ospedali in Palestina e in Israele e ho visto questo miracolo come possibile. Mamme palestinesi e israeliane che condividono la sofferenza la vita dei loro figli. Questo vale anche oggi, subito.

Ecco il papa ci ha indicato la strada del perdono. Molti hanno fatto finta di non sentirla per non essere coinvolti e giudicati dalla vita e dalla morte dei bimbi di Gaza delle mamme dagli anziani e disabili.

La mia carrozzina di disabile non è a misura di Gaza. Lo sapevano bene i bimbi quando mi accolsero e mi riconobbero. Lo si vede oggi con la distruzione da città. Ma mi premono altrettanto i ragazzi israeliani delle città che costeggiano la striscia di Gaza.

Dopo la guerra del Libano di dieci anni fa abbiamo fatto per due anni un campo scuola con 25 ragazzi israeliani e 25 palestinesi. 50 artigiani della pace con le loro paure, con il loro patire con il loro non arrendersi alla cultura del conflitto.

Aiutiamoli a non perdersi e a non smarrirsi nell’odio. Questo è possibile e dipende da noi che vogliamo osare la pace.

Nell’immediato una grande colletta promossa dalle tre famiglie spirituali del mediterraneo: ebrei cristiani e musulmani per acquistare strumenti medicali e medicine per i bimbi feriti e malati e per le necessità degli sfollati.

Come sentinelle accendiamo una lampada nella stanza della nostra casa è la lampada della pace che vuole illuminare le nostre povere vite.

Ci premono i bimbi di Gaza e di Sderot. Tutti i bimbi.

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