Il Paese dell’economia circolare

I finnici costituiscono il popolo che più ha saputo creare strutture atte a non sprecare nulla, o quasi, nei cicli di produzione alimentare, ma non solo. Il caso di “WeFood”, nato da un’idea dei vicini danesi

 

Conoscevamo la Banca alimentare, o Banco alimentare, organizzazione operante nei Paese sviluppati che raccoglie dai supermercati i prodotti non più vendibili, perché il pacco è difettoso o il prodotto sta per scadere, e li distribuisce alle diverse organizzazioni solidaristiche, come la Caritas. Da un paio di anni è sorto in Danimarca un altro modo di ridistribuire questi prodotti, non destinati più ai bisognosi, ma alle persone con poche risorse economiche e anche a quelle che ci tengono molto a non sprecare cibo. Si sa, in effetti, che circa un terzo della produzione mondiale di cibo va sprecato, il che non solo dice la scandalosa differenza tra ricchi e poveri, ma lo spreco di energia e di acqua per produrre cibi e altri prodotti destinati alla spazzatura.

È con questa filosofia della sostenibilità che sono sorti in Danimarca, nel 2016, i primi negozi “WeFood”, dove troviamo prodotti con piccoli difetti o al limite della scadenza. L’iniziativa, portata avanti dalla Dan Church Aid, è stata possibile grazie a una riforma legislativa che vietava ai supermercati di buttare il cibo nella spazzatura, dovendolo donare o dovendo pagare delle multe salate per farlo. Così “WeFood” compra gli scarti a bassissimo prezzo e li rivende fino al 70% del suo valore.

Dallo scorso settembre l’esempio si è diffuso in Finlandia, anche qui per iniziativa di un’ong caritativa, la Finn Church Aid, che finanzia progetti di cooperazione e sviluppo in quattordici Paesi. Una parte del ricavato nei negozi “WeFood” è destinata a «ridurre la povertà» allo scopo di «raggiungere la pace e la realizzazione dei diritti umani», come dichiara l’Ong. Else Hukkanen, la project manager di “WeFood”, è convinta che questa soluzione «previene lo spreco di alimenti, aiuta le persone nei Paesi del terzo mondo e offre ai volontari un significativo modo di partecipare».

Se poi parliamo di rifiuti, Finlandia è forse il Paese, dove la questione ambientale è entrata più fortemente nella popolazione, al punto che la sfida di «non sprecare» è diventata un affare di Stato. Ecco il perché, allora, dell’impegno politico per un’economia circolare effettiva. La segretaria di Stato Paula Lehtomäki ha detto ad esempio: «L’economia circolare è uno de cinque grandi obiettivi del governo». In Finlandia c’è infatti il più grande impianto di trattamento dei rifiuti nei Paesi nordici, che genera energia non solo per il consumo interno ma anche per l’esportazione. Più di cinquanta anni fa il parlamento finlandese creò il fondo d’innovazione Sitra, allo scopo di stimolare un modello sostenibile di società con base nell’economia circolare. Oggi i finlandesi possono dire con fierezza che lo sforzo economico si è tradotto in cambiamento sociale e può aspirare a essere un referente mondiale in quest’aspetto. Col sostegno che il Sitra dà a diversi progetti educativi, la Finlandia potrebbe veder nascere i primi «nativi nell’economia circolare», cioè, quelle persone che assumono la cultura dell’uso efficiente delle risorse sin da bambini.

 

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