Il Paese dei paradossi

Cercare di comprendere le crisi ricorrenti è compito complesso che porterebbe alle origini stesse di questo Paese di quasi 45 milioni di abitanti. Ma la crisi attuale riveste aspetti eccezionali

 

La gravità della situazione va al di là della mera analisi economica, per includere gli aspetti politici e sociali. Dal punto di vista politico, l’alleanza vincitrice con scarti molto stretti nelle elezioni del 2015, e riconfermata in parte nelle elezioni di medio termino del 2017, lungi dal consolidare il capitale politico accumulato, è finito con una sconfitta schiacciante del presidente nelle recenti elezioni primarie dell’agosto scorso. Questo risultato ha smentito tutti i sondaggi realizzati dalle società investigatrici e ha compreso tutti i livelli dei poteri esecutivo e legislativo. La maggioranza è stata mantenuta solo nella Capital Federal e nella provincia di Cordoba, anche se con valori, in entrambi i casi, molto inferiori a quelli ottenuti nel 2015. Domenica 27 ottobre si terranno le elezioni definitive: tutti i pronostici assicurano che i risultati ottenuti saranno a favore dell’opposizione.

Questo risultato ha colpito profondamente il governo, ponendo interrogativi seri sulla sua reale capacità di superare i gravi problemi sociali ed economici attuali. L’inflazione, ad esempio, appare incontrollabile, contrariamente alle promesse fatte da Macri a proposito della sua immediata riduzione. Quest’anno potrebbe arrivare al 55%, la percentuale più alta degli ultimi 27 anni. Se si considera poi l’enorme svalutazione della moneta nazionale, cronicamente dipendente dal valore del dollaro, la cui precaria stabilità viene assicurata con misure che allontanano qualsiasi possibilità di crescita produttiva, e se si tiene conto del debito pubblico che già supera abbondantemente il 127% del Pil, configurano un panorama critico per l’attuale governo e, ovviamente, per quello che si appresta a succedergli.

A peggiorare il panorama contribuisce il fatto che tale debito è stato contratto senza nessuna forma di controllo, per evitare che si generasse una smisurata fuga di capitali. Questo fenomeno di cruda speculazione finanziaria ha messo in dubbio la reale capacità del Paese di affrontare i pagamenti conseguenti, che si riflette nel cosiddetto riesgo pais, che supera già i duemila punti (si tratta di un indicatore elaborato dalla JP Morgan, che valuta la “solvibilità” di un Paese). Un dato costante è la chiusura, ogni giorno, di piccole e medie imprese, quelle che generano l’80% del lavoro. Non minore è il forte discredito delle istituzioni, elemento essenziale per la vita democratica, come il funzionamento di una parte importante dell’ingranaggio giudiziario, nel quale ancora si sta discutendo se l’arresto di dirigenti dell’opposizione ed ex funzionari sia frutto di reale corruzione o di ragioni politiche.

Ma quello che realmente colpisce in un Paese che è stato all’epoca chiamato “granaio del mondo”, è il fenomeno sociale della fame e della malnutrizione delle fasce più umili della popolazione. Sotto questo aspetto, alcuni dati ufficiali non possono più manipolare la realtà. In Argentina ci sono in effetti più di 5 milioni di bambini che soffrono la fame o non hanno accesso agli elementi nutritivi necessari per il loro sviluppo, un anello in più nella catena di disparità e vulnerabilità alla quale sono esposti. Prova di questo è che per rispondere a questa situazione, è stata proposta e approvata nella Camera dei deputati, all’unanimità, una legge di emergenza alimentare. In generale, si calcola che la popolazione sotto il livello di povertà arrivi al 32%. La disoccupazione, fattore chiave per pensare ad una possibile uscita da questa situazione, supera già il 10%. E si potrebbero aggiungere altri dati a sostegno della descrizione di una crisi che ha tutte le caratteristiche di una «catastrofe sociale», come l’ha definita da un attento osservatore della realtà sociale argentina, Daniel Arroyo.

Un altro ingrediente politico sociale che genera preoccupazione è il fatto che nell’ultimo decennio si è creata una profonda divisione in seno alla società politica e civile. In parte la sua esistenza si può attribuire a strategie comunicative precise volte a impedire un vigoroso ma chiaro dibattito civile e razionale tra diversi modi di pensare ed immaginare il superamento delle difficoltà esistenti. In questo opera il sistema perverso delle fake news, nonché l’utilizzo delle reti sociali in modo da pregiudicare l’onorabilità di persone o gruppi politici nemici. Questo clima ostacola la possibilità di una “amicizia sociale” che generi spazi di accordo e consenso.

Senza dubbio il Paese possiede risorse naturali di ogni tipo in gran quantità. La sua popolazione, nonostante le ripetute crisi, ha accumulato una capacità umana, in termini di formazione e conoscenze umanistiche e tecnologiche, che costituisce una riserva che dà speranza nella ricerca di vie che permettano di superare quest’ultima crisi. Le maggioranze popolari che si sono espresse nel voto richiedono un cambiamento del paradigma socio-politico-economico. Il neoliberalismo che è arrivato al governo per via elettorale nel 2015, ha dimostrato la sua incapacità di assicurare il buen vivir dell’enorme maggioranza dei cittadini. I dogmi delle teorie economiche, applicati in forma disumanizzata senza conoscere la realtà della popolazione e i suoi meccanismi, ha dimostrato ancora una volta la sua incapacità di risolvere le sfide del momento.

Sarà possibile uscire dalla crisi solo se gli argentini riusciranno a stringere un accordo o un patto fra i diversi settori della società, privilegiando la questione sociale prima di ogni altra cosa. Così si potrà avanzare nella ricerca di soluzioni che tuttavia non saranno certo esenti da difficoltà, sempre che la qualità della vita migliori anche se di poco, ogni giorno di più, concretamente.

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