Padri per tutti
Q uesto appena concluso è il 30° incontro di vescovi amici dei Focolari. Cos’è cambiato in questi trent’anni? Innanzi tutto un fatto numerico: alla prima edizione, nel febbraio 1977, avevano partecipato 15 vescovi, questa volta erano cento. Sin da allora c’era una rappresentanza universale, con vescovi dall’Asia all’Europa all’America. Così anche oggi: eravamo di 51 paesi dei cinque continenti. Ma bisogna soprattutto dire che, nel 1977, era un fatto molto nuovo che dei vescovi si riunissero attorno a una spiritualità. È stato decisivo l’immediato incoraggiamento di papa Paolo VI. Da allora il sostegno dei pontefici è stato costante. E si è mostrato largamente il valore ecclesiale di tali convegni. I vescovi lo riassumono non di rado così: una spiritualità di comunione per la chiesa-comunione. È stata una grande sorpresa quando nel 2001 Giovanni Paolo II, nella lettera apostolica Novo millennio ineunte, si è pronunciato proprio in questo senso. Una parola sull’esperienza di quest’anno? Dopo ognuno di questi incontri viene spontaneo dire che è stato il più profondo e importante rispetto ai precedenti. Questa volta, sin dall’inizio si è avvertito fra noi un caloroso senso di famiglia, di unità, di fraternità. Tanti vescovi mi hanno comunicato la loro soddisfazione con parole come queste: Per me è una grazia di Dio… Ricevo qui nuova ispirazione e nuova forza, un nuovo slancio per andare avanti. Momento culmine del convegno è stato l’incontro col papa… Per la prima volta i vescovi amici dei Focolari si sono ritrova- ti durante il pontificato di Benedetto XVI. Perciò ho chiesto al papa di poter essere ricevuto prima in un’udienza privata. Ho raccontato a lui la breve storia, lo scopo e il contenuto di questi incontri. E lui si è mostrato molto contento, interessato e sorpreso, specialmente quando ha appreso che – oltre a quello di Castelgandolfo – si svolgono in vari posti anche incontri regionali di comunione spirituale, perché non è possibile a tutti i vescovi venire qui a Roma. Così in Africa, in Medio Oriente o in Estremo Oriente, in Brasile, in alcuni punti d’Europa. Questa rete di comunione ha sorpreso il papa. Ho poi accennato agli incontri ecumenici di vescovi. E qui si è mostrato ancora più sorpreso, soprattutto allorché ho raccontato che per questo tipo di incontri giriamo l’Europa, in modo da incontrare la realtà ecumenica in vari luoghi del continente. Così siamo stati a Istanbul, invitati dal patriarca ecumenico greco-ortodosso Bartolomeo I. E così siamo recentemente andati a Bucarest, invitati e ospitati dal patriarca della chiesa rumeno-ortodossa Teoctist. Il papa si è detto molto, molto soddisfatto. Nel complesso ci ha incoraggiati ad andare avanti in questa strada. E all’udienza del mercoledì nell’Aula Nervi? In effetti abbiamo incontrato tutti insieme il papa nell’udienza generale. Benedetto XVI ci ha detto una chiara parola di incoraggiamento, invitandoci ad approfondire quella spiritualità di comunione che contraddistingue il ministero sacerdotale ed episcopale. Queste parole pubbliche del papa sono state il momento più importante di tutto il convegno. Il tema di quest’anno verteva su Gesù crocifisso e abbandonato. Perché proprio questo momento della vita di Gesù è particolarmente importante per i vescovi? Per noi Gesù crocifisso e abbandonato è molto importante non solo perché dobbiamo portare i pesi del nostro ministero, ma anche e soprattutto perché è uno stimolo all’umiltà. Noi vescovi siamo spinti sempre a parlare, a decidere, a guidare, a presiedere… Mentre Gesù abbandonato per noi è un modello di kenosi, di svuotamento. Per noi è molto importante imparare questo svuotamento, per accogliere e ascoltare gli altri. Gesù abbandonato ci invita a non sopportare solo in maniera stoica i pesi che incontriamo lungo il cammino, ma ci affascina mostrandoci come prendere su di sé tutti i pesi, tutti i dolori dell’uomo, come dice Isaia 53. E questo è in armonia con ciò che il papa Benedetto XVI ha detto nella sua enciclica a proposito della molteplicità delle presenze del Risorto, anche sotto le parvenze del dolore. Questa è per noi una grande spinta ad essere sempre vigilanti, non solo ad aspettare i vari volti con cui si manifesta Gesù abbandonato, ma a cercarli. Questo mi pare in certo senso il modo come risolvere i problemi, anche gravi, che un vescovo si trova ad affrontare ogni giorno. C’è chi esprime il dubbio che un vescovo possa aderire ad una spiritualità particolare e nel contempo fare il vescovo di tutti. Lei cosa risponde? Il vescovo deve essere padre per tutti, senza distinzioni e favoritismi; ma è anche vero che, come ogni cristiano ed ogni sacerdote, può scegliere una spiritualità per la sua vita personale. Certo, non penso sia opportuno che un vescovo faccia propaganda nella propria diocesi per il gruppo che vive quella data spiritualità, perché ciò potrebbe dividere invece che unire, allontanando dalla chiesa quelli che non partecipano a quella data spiritualità. Ma una spiritualità presa come propria può aiutare il vescovo ad essere aperto agli altri. La spiritualità dell’unità, in particolare, è un’ottima base per essere aperti a tutte le altre spiritualità, e così ci aiuta a vivere bene e a fondo il nostro ministero. Mi pare, insomma, che vivere una data spiritualità si possa conciliare bene con il ministero del vescovo come padre per tutti. La spiritualità non deve essere portata come un distintivo, ma nel proprio cuore. All’esterno deve essere visibile solo un ministero dell’unità ben vissuto. UNA RISORSA PER I VESCOVI Per la prima volta Benedetto XVI ha ricevuto un gruppo di vescovi amici del Movimento dei focolari. Nell’udienza generale il papa ha detto loro: Saluto voi, cari vescovi partecipanti al 30° convegno promosso dal Movimento dei focolari, e vi incoraggio ad approfondire sempre più l’autentica spiritualità di comunione che deve contraddistinguere il ministero presbiterale ed episcopale. Il convegno, tra riflessioni e dialogo, preghiera e condivisione fraterna, è stato incentrato sul tema: Il Cristo crocifisso e abbandonato, volto di Dio-Amore e via per l’umanità. Nel suo messaggio iniziale, Chiara Lubich ha augurato ai vescovi che l’approfondimento della comprensione del misterioso dolore dell’abbandono di Gesù in croce possa diventare luce per il cammino, risposta ai loro perché, via all’unità. Salito a Castelgandolfo per presiedere la concelebrazione di apertura, il card. Re, prefetto della congregazione per i vescovi, ha sottolineato il suo apprezzamento per questa spiritualità di comunione che sostiene i vescovi nel loro ministero e aiuta a guardare ogni persona come amata da Dio. L’arcivescovo Rylko, presidente del Pontificio consiglio per i laici, ha invece sottolineato il dono speciale dei movimenti ecclesiali e dei loro carismi in quanto fattore evangelizzatore, risorsa non solo per la vita dei fedeli, ma anche dei pastori.