Padri di ieri e di oggi
Padri innovatori, iniziatori di una tradizione, che hanno contribuito a creare opere che interpellano sia dal punto di vista intellettuale che umano il cristianesimo contemporaneo, invitando a superare le crisi e gli arroccamenti che troppo spesso sembrano comprometterlo. Al pomeriggio della Pontificia università lateranense del primo marzo, studiosi di diversa provenienza e interessi, sia scientifici che ecclesiali, si sono riuniti dando vita nella loro molteplicità a un quadro unico e interessante. Tra i relatori, con interventi tutti molto importanti, il direttore della collana di testi patristici per Città Nuova, Claudio Moreschini, Gaetano Lettieri, docente di storia del pensiero cristiano, e Robert Dodaro, preside dell'Istituto patristico Augustinum. Moderava l'incontro la prof.ssa Emanuela Prinzivalli.
Il ricordo del 50simo anniversario della costituzione apostolica, Veterum Sapientia di Giovanni XXIII nel 1964, ricordava nella parte introduttiva di monsignor Enrico Dal Covolo, rettore della facoltà ospitante, quanto questo documento «incoraggiasse lo studio delle lingue antiche anche per la formazione cristiana». Un merito particolare andava anche alla lettera apostolica Augustinum Hipponensem di Giovanni Paolo II del 1986, in cui «si riconosceva in Agostino sia un maestro di pensiero che un esempio di vita». Esortazioni che hanno comunque un valore generale da estendere a tutta la letteratura patristica; ma il problema se mai, specie per l’uomo di oggi, rimane pur sempre quello di saper ascoltare i padri. Da qui, l’importanza del titolo del convegno, Come leggere i padri oggi.
Ma per monsignor Dal Covolo «un contributo prezioso alla lettura dei padri è riconosciuto nell’attività editoriale di Città Nuova, della cui recente produzione si ricorda il volume curato da Antonio Spataro nel 2010, Sulla Pasqua, di Origene». Ma come si inserì la fondazione della collana di testi patristici in questo fermento generale di riscoperta dei Padri degli anni Sessanta? La situazione scientifica e editoriale in cui essa si inserì secondo l'attuale direttore di collana Moreschini era complessa. «Nella prima metà degli anni Settanta del secolo scorso la produzione editoriale sull’antichità cristiana – per lo studioso – non andava oltre l’allora neonata collezione Lorenzo Valla e alcuni volumi dell’allora rinnovata Corona Patrum». L’iniziativa del prof. Quacquarelli, primo direttore di collana, fu audace, anche nell’identificazione di un target di lettori non specialisti e nell’intendere la pubblicazione di questi testi anche come iniziativa dai forti risvolti catechetici. La caratura divulgativa, a ogni modo, non fu sinonimo né di trascuratezza né di faciloneria: basti pensare che per i primi volumi furono scelti autori come Manlio Simonetti, Salvatore Lilla, Calogero Riggi e Francesco Trisoglio: massimi specialisti italiani per i singoli testi, a cui però si chiesero lavori capaci di stabilire un contatto immediato con i lettori anche non specialisti, e accanto ad autori antichi ben noti si scelsero anche i meno in voga, ma non per questo meno significativi. In questo senso fu fin dalla sua fondazione una collana globale. «Oggi, rispetto ai tempi di Quacquarelli, si percepisce il bisogno – secondo Moreschini – di apparati di note più corposi e di una maggiore apertura anche in direzione dei testi bizantini e in lingue orientali».
Interessanti anche le considerazioni sugli studi di letteratura cristiana antica nel Novecento in Italia del prof. Gianni Lettieri, che ha ricordato il caso di Buonaiuti che, «pur con tutti i casi occorsigli, seppe segnare un aggiornamento della cultura cattolica con il metodo critico. Lo studio dei padri della Chiesa fu e resta materia ardita, elemento questo ben presente anche al fondatore della collana che inserì come primo numero un testo di Origene, autore che la Chiesa non riconosce come padre». E lo studio dei padri implica la consapevolezza che la tradizione non è monocorde, e deve escludere il timore del pluralismo, sulla scia del Concilio Vaticano II. Un esempio è identificato in Agostino, «sulla cui interpretazione auspica la fine dell’arroccamento da parte cattolica sulla dottrina della grazia». Molti gli studiosi esimi, da Alberto Pincherle e, nel centro romano, Manlio Simonetti che con tutto il rigore storico-critico non giunse a risultati “pericolosi” per la dottrina. Accanto a queste figure meritano una speciale menzione la scuola torinese (Pellegrino e Bolgiani), quella milanese (Pizzolato Visonà Rizzi Lazzati) e quella bolognese di Alberigo. La ricchezza di studi, unita agli aspetti teologici nei Padri riciordati da monsignor Dodaro, fanno sì che lo studio del cristianesimo antico richieda e – a sua volta stimoli – un’attenzione particolare per gli aspetti pluralistici della nuova religione, nata allora in seno al mondo pagano greco e romano, ma che fa comprendere come questi testi, nel loro diretto legame con le molto concrete realtà umane ed ecclesiali del tempo, siano testimonianza di un coraggio speculativo e umano dalla potenza davvero esplosiva.