Pace, edificio da costruire
Nell’anno che inizia la pace è l’anelito di ogni uomo e ogni donna, è orizzonte di speranza che richiama la responsabilità di ciascuno a costruire una società più giusta, che metta al centro la dignità dell’uomo. I recenti attentati, i missionari uccisi nel mondo – 29 solo nello scorso anno, secondo il Rapporto Fides –, le diseguaglianze sociali, l’emergenza climatica dovuta allo sfruttamento eccessivo delle risorse del pianeta, rendono sempre più urgente un cammino di conversione alla pace, evidenziano la necessità di un nuovo sguardo sulla vita.
«Si tratta prima di tutto di credere nella possibilità della pace, di credere che l’altro ha il nostro stesso bisogno di pace – commenta papa Francesco nel Messaggio per la Giornata Mondiale della pace –. In questo ci può ispirare l’amore di Dio per ciascuno di noi, amore liberante, illimitato, gratuito, instancabile».
La pace, secondo papa Francesco, è un cammino di speranza che ha come fondamento la fratellanza perseguita a livello sociale, politico ed economico. Fratellanza che sia antidoto all’indifferenza, alle tante schiavitù del mondo moderno, che proponga la nonviolenza come stile di una politica che si adopera per la pace; che proponga la cultura dell’incontro in opposizione alla cultura della minaccia, che sia «basata sulla comune origine da Dio ed esercitata nel dialogo e nella fiducia reciproca».
L’intera comunità umana è segnata dalle ferite dei conflitti che si accendono in maniera sempre più cruenta e colpiscono soprattutto i più deboli e i più poveri. «Anche intere nazioni stentano a liberarsi dalle catene dello sfruttamento e della corruzione, che alimentano odi e violenze – scrive papa Francesco –. Ancora oggi, a tanti uomini e donne, a bambini e anziani, sono negate la dignità, l’integrità fisica, la libertà, compresa quella religiosa, la solidarietà comunitaria, la speranza nel futuro».
Il desiderio di pace è inscritto nel cuore dell’uomo e non si costruisce alimentando paure e sfiducia che, invece, minano i rapporti tra i popoli e la possibilità di dialogo. Solo attraverso un’etica globale di solidarietà e cooperazione è possibile edificare la pace e la stabilità internazionale.
Occorre custodire la memoria per non commettere gli errori del passato e tracciare nuovi percorsi per le presenti e le future scelte di pace. «La memoria – afferma il papa – è l’orizzonte della speranza: molte volte nel buio delle guerre e dei conflitti, il ricordo anche di un piccolo gesto di solidarietà ricevuta può ispirare scelte coraggiose e persino eroiche, può rimettere in moto nuove energie e riaccendere nuova speranza nei singoli e nelle comunità».
La pace è un processo artigianale, un laboratorio sempre aperto, un cammino da percorrere con convinzione; è un lavoro paziente di ricerca della verità e della giustizia che «può risvegliare nelle persone la capacità di compassione e di solidarietà creativa». Al contrario, l’aumento delle disuguaglianze sociali, il rifiuto di promuovere uno sviluppo umano integrale, l’incapacità a costruire un sistema economico più giusto, mettono a rischio il perseguimento del bene comune. «La Chiesa – si legge nel Messaggio – partecipa pienamente alla ricerca di un ordine giusto, continuando a servire il bene comune e a nutrire la speranza della pace, attraverso la trasmissione dei valori cristiani, l’insegnamento morale e le opere sociali e di educazione».
Tracciare un cammino di pace è una sfida che interpella le coscienze e deve spronare la politica ad aprire «nuovi processi che riconcilino e uniscano persone e comunità». «Si tratta – continua Francesco – di abbandonare il desiderio di dominare gli altri e imparare a guardarci a vicenda come persone, come figli di Dio, come fratelli. L’altro non va mai rinchiuso in ciò che ha potuto dire o fare, ma va considerato per la promessa che porta in sé. Solo scegliendo la via del rispetto si potrà rompere la spirale della vendetta e intraprendere il cammino della speranza». Il cammino di riconciliazione chiama ciascuno a trovare la forza del perdono e diventare donne e uomini di pace.
Il mondo ha bisogno di “artigiani” di pace che sappiano allargare gli orizzonti, seminare la speranza, testimoniare l’amore di Dio: «A chi è vittima di ingiustizie e sfruttamento e non vede la via d’uscita – annuncia papa Francesco all’Angelus del 1° gennaio –, Gesù apre la porta della fraternità, dove trovare volti, cuori e mani accoglienti, dove condividere l’amarezza e la disperazione, e recuperare un po’ di dignità».
Una sottolineatura particolare, nell’omelia del primo dell’anno, è dedicata alla donna donatrice e mediatrice di pace che, come Maria, custodisce la vita, ma che troppo spesso è oggetto di violenza e sfruttamento. «Chiediamo questa grazia – conclude Francesco – di vivere l’anno col desiderio di prendere a cuore gli altri, di prenderci cura degli altri. E se vogliamo un mondo migliore, che sia casa di pace e non cortile di guerra, ci stia a cuore la dignità di ogni donna. Dalla donna è nato il Principe della pace. La donna è donatrice e mediatrice di pace e va pienamente associata ai processi decisionali. Perché quando le donne possono trasmettere i loro doni, il mondo si ritrova più unito e più in pace».