Pace e dialogo della vita: l’appello dei vescovi

Il convegno ecumenico organizzato dai Focolari nell’isola di Halki. Le sfide e le particolarità delle varie chiese. La preghiera per la riapertura della scuola teologica. Dal nostro inviato
Vescovi a Istanbul

Alle 5 del mattino il gallo già canta anche se tutto è buio e tranquillo. Alle 6 il muezzin intona le sue preghiere che risuonano maestose nell’isola di Halki da cui si ammira il Mar di Marmara e Istanbul in quasi tutta la sua estensione di 132 chilometri di lunghezza e 32 di larghezza per oltre 14 milioni di abitanti. 8 vivono nella parte europea e 6 nel lato asiatico. Dall’isola di fronte, la maggiore, Buyukada, risponde un altro muezzin. La sua voce si dissolve nell’aria. La musica, le parole, danno il senso di Dio, della sua presenza nel creato e nella vita degli uomini. Una presenza che coinvolge, tanto sembra reale.

 

Si è, nel frattempo conclusa la prima parte del convegno ecumenico dei 35 vescovi amici dei Focolari tenutosi nel monastero della SS. Trinità nell’isola di Halki. Il card. Francis Kriengsak tira le conclusioni: «La diversità è un dono e un arricchimento reciproco, ma ciò è possibile soltanto con un ascolto senza giudizio, con il dialogo della vita, con la condivisione delle esperienze, con una accoglienza che armonizza i vari carismi». Nella conoscenza reciproca sono emerse le sfide e le particolarità di ogni chiesa su problematiche scottanti.

 

In mattinata, Jesús Morán, copresidente dei Focolari, ha identificato alcune grandi sfide dell’umanità di oggi, tra cui: la globalizzazione, la ultra-contemporaneità, l’avvento di una terza guerra mondiale a pezzi, la cultura dello scarto e ha evidenziato le risposte che la cultura dell’unità può offrire. Citando il vescovo Klaus Hemmerle, pioniere di questi convegni, ha indicato la necessità di un atteggiamento di ascolto del mondo: «Insegnami il tuo pensare, diceva Hemmerle, perché io possa imparare di nuovo il mio annunciare».

 

Solo in questo modo – continua Morán –, è possibile compiere una «inescusabile operazione di purificazione dalle “incrostazioni religiose” presenti nelle nostre chiese. Sono queste che ci dividono, il mondo non ci permette più non solo di essere disuniti, ma nemmeno di annunciare il messaggio di Cristo come lo abbiamo fatto finora. Del resto i primi cristiani non hanno annunciato una nuova religione ma una vita piena, la vita che avevano trovato in Gesù».

 

Nel dialogo successivo si è evidenziato quanto queste parole siano entrate in profondità, e si è sentito forte il desiderio di appianare la strada verso la piena e visibile comunione. Anche se il panorama mondiale sembra indicare il contrario, il copresidente invita alla speranza: «Questo mondo così come è oggi – conclude Jesús Morán –, mi porta ad essere più cristiano, per questa identificazione con Gesù crocifisso che mi permette di vivere con gli altri fratelli la comunione trinitaria più profonda».

 

Il monastero della SS. Trinità che ha ospitato il convegno ha una storia singolare. Dal 1844 funzionava il seminario per la formazione del clero greco-ortodosso, fino a quando, nel 1971, la Corte costituzionale turca ha deciso che tutti gli istituti privati di alta formazione fossero inglobati nell’offerta universitaria pubblica. Il Consiglio del seminario si era opposto e di conseguenza fu ordinata la chiusura della celebre Scuola teologica dove avevano studiato teologi di tante parti del mondo, anche di altre Chiese. In 127 anni di attività, 950 studenti si sono laureati in questa scuola, 330 sono diventati vescovi, 12 sono stati scelti come Patriarchi Ecumenici, 2 eletti Patriarchi di Alessandria, 3 di Antiochia, 1 Esarca dei Bulgari, 4 arcivescovi di Atene, 1 arcivescovo dell’Albania e 318 sono stati ordinati sacerdoti. Non era solo una scuola, ma un e vero e proprio laboratorio di vita dove insegnati e studenti convivevano insieme formandosi con una mente aperta alle sfide della contemporaneità e con una visione lungimirante del cristianesimo.

 

Alla chiusura di questa prima parte del convegno, i vescovi hanno fatto proprio l’appello del Patriarca Bartolomeo I, di pregare affinché il seminario teologico venga riaperto. Nel passato il presidente degli Stati Uniti Bill Clinton visitò l’isola di Halki nel 1999 e invitò l’allora presidente turco Suleyman Demired ad intervenire. Anche l’Unione europea ha posto la questione nel negoziato aperto per l’entrata della Turchia in Europa e il presidente Barack Obama nel 2009, davanti al parlamento turco, affermò: «La libertà religiosa e di opinione conducono ad una più forte e ricca società civile che può solo rafforzare lo Stato. Per questo passi come la riapertura del seminario di Halki manderebbe un importante segnale dentro e fuori la Turchia. Un impegno duraturo sulle regole del diritto è la sola via per raggiungere la sicurezza che viene dalla giustizia per tutti».

 

Un’accorata preghiera per la pace in Medio Oriente è stata la preoccupazione principale dei vescovi di varie chiese cristiane unitamente alla liberazione dei due vescovi ortodossi rapiti in Siria nell’aprile del 2013: l’arcivescovo greco-ortodosso di Aleppo, Paul Yazigi, e l’arcivescovo siro ortodosso Gregorios Yohanna Ibrahim, vescovo amico dei Focolari e assiduo partecipante a questo tipo di convegni.

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