Pace e bene comune (Evangelii Gaudium 217-221)

Se ci accontenta di mantenimento di equilibri l'assenza di conflitti e di violenze diventa effimera pacificazione. Papa Francesco richiama al senso di giustizia, di fraternità che sa fare dell'umanità un popolo
Un manifestante per la pace

217-221 – Pace e bene comune

Il concetto di pace che emerge dalla lettura della Evangelii Gaudium amplia e specifica la costante posizione della Chiesa, a partire dal Concilio Vaticano II, sulla necessità di costruire una pace “positiva”, intesa cioè non come mera assenza di violenza o come acquiescenza rispetto a un ordine sociale ingiusto. Si tratta di un’idea di pace nota nella politologia come “pace strutturale”; una situazione in cui vengono affrontati i nodi ultimi delle tensioni e risolti nell’ottica di “una giustizia più perfetta tra gli uomini”.

Papa Francesco giustamente insiste nel prospettare questa condizione di ordine giusto nei termini di una vera pace “sostenibile”; se ci si accontenta di situazioni di squilibrio e di asimmetria, la pace sarà “effimera” perché riservata a una “minoranza felice”; una pace senza futuro, che conterrà in sé sempre il «seme di nuovi conflitti e di varie forme di violenza».

C’è un costante richiamo, in questa esortazione apostolica, alla triade “pace, giustizia, fraternità” da coniugare non solo nella dimensione politica interna, ma anche e soprattutto in quella internazionale, perché «il pianeta è di tutta l’umanità e per tutta l’umanità». È interessante come Francesco prospetti «la costruzione di un popolo in cui le differenze sia armonizzino in un progetto comune», come un obiettivo strategico non solo per l’edificazione della pace all’interno degli stati ma in una prospettiva mondiale. Siamo al di là della pace tra i popoli; è piuttosto una pace nel popolo globale e plurale.

Pasquale Ferrara

diplomatico e docente all’Istituto universitario Sophia

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