Pace 2.0

Balletto di dichiarazioni da parte dell’amministrazione Trump e della Corea del Nord. Alla luce degli ultimi eventi, andrebbe ripetuto un concetto che a Oriente è chiaro: bisognerebbe lasciar che le due Coree si riconciliassero
South Korea Presidential Blue House via AP

Come tentar di decifrare quanto è accaduto e sta accadendo in questi ultimi giorni attorno alla questione della denuclearizzazione della Corea del Nord e della riconciliazione tra le due Coree? Dopo tante affermazioni contrastanti, una delegazione dal Dipartimento di Stato Usa si è incontrato nel villaggio di Panmunjom, nella zona demilitarizzata tra le due Coree, con una delegazione della Corea del Nord. L’incontro è stato annunciato via Twitter dallo stesso presidente Trump. Forse qualcosa si è sbloccato di nuovo. Nella zona demilitarizzata si sono incontrati, per la precisione, secondo quanto afferma il Washington Post, l’ex ambasciatore in Corea del Sud, Sung Kim, col vice ministro degli Esteri, Choe Son Hui. L’inviato di Washington è accompagnato da Allison Hooker, uno specialista per la sicurezza nazionale e un altro ufficiale del Dipartimento di difesa nazionale. Quest’importante incontro tra la delegazione da Washington e Pyongyang non si conclude martedì, con lo scopo di organizzare «un qualsiasi incontro» tra Trump e Kim riguardo al programma nucleare della Corea del Nord. Questo significa che realmente c’è la volontà da parte dell’amministrazione Trump di tenere il summit di Singapore, il 12 Giugno. E lo stesso possiamo dire vale per la Corea del Nord: Kim vuole la pace e con essa lo sviluppo del suo Paese.

Il 27 aprile scorso il mondo aveva gioito nel vedere i due leader, Kim Jong Un  e Moon Jae-In, dopo 65 anni di attesa, incontrarsi, abbracciarsi, piantare un albero simbolo della pace e camminare insieme, su quel ponte, diventato simbolo di pace: «Perché abbiamo aspettato così la lungo», si erano detti. Dopo tale giorno storico, un passo concreto e fondamentale è stato lo smantellamento del sito nucleare di Punggye-ri, una zona montagnosa nella Corea del nord. I giornalisti internazionali sono stati invitati per essere testimoni della completa e irreversibile distruzione del sito, una delle condizioni poste da Washington per andare avanti con un possibile incontro tra i due presidenti, nord coreano e statunitense, nel prossimo 12 Giugno.

Solo che, in mezzo a tutto questo, ci erano state delle dichiarazioni ambigue, quasi delle minacce da parte del vice presidente americano Mike Pence. Come riporta la Bbc da Londra, Mike Pence e Choe Son Hui, un alto diplomatico della Corea del nord, si sono “beccati” in dichiarazioni incrociate, poco felici e inappropriate, come riporta Golbal News. Per la verità, sia Kim Kye Gwan, 75 anni, che Choe Son Hui, 54 anni, sono due ufficiali nord coreani assai famosi in campo diplomatico per i loro commenti e dichiarazioni riguarda alla realizzazione e l’arricchimento di vari accordi internazionali della Corea del Nord: sono loro i responsabili della cosiddetta “politica dei salami”,  cioè riuscire ad “affettare” un importante accordo internazionale in tante e diverse concessioni “reciproche”, sia per la Corea del Nord che per la controparte.

In pratica, la Corea del Nord è disposta (e lo abbiamo visto) alla denuclearizzazione irreversibile e verificabile, ma non “a qualsiasi prezzo”, compreso un cambiamento nella classe dirigente nord coreana: «Tutto questo è giusto trattandosi di un Paese sovrano», hanno commentato anche la Cina e la Russia, ricordando, ancora una volta, che entrambe le super potenze asiatiche non hanno alcuna base militare sul territorio della Corea del Nord e nemmeno un soldato, contro i 28.500 militari Usa in stato di guerra, nelle basi della Corea del Sud. «Non mendicheremo la pace a qualsiasi costo», aveva affermato Kim Kye Gwan alcuni giorni fà. E Mike Pence, aveva risposto con un: «Allora la Corea del Nord potrebbe finire come la Libia se non si disarma». Un commento poco delicato, arrogante e poco diplomatico, che ha scatenato l’ira della Corea del Nord e la perplessità di molti osservatori internazionali che conoscono bene le conseguenze dell’eliminazioni di Gheddafi e del suo governo.

Kim Kye Gwan ha taggato queste affermazioni come «stupide». A quel punto sembrava che l’incontro del 12 Giugno prossimo fosse saltato, anche perché il presidente Trump lo aveva dichiarato pochi giorni fa via Twitter. C’è voluto un nuovo incontro, avvenuto lo scorso sabato, tra Kim Jong-un e Moon Jae-In, per rimettere sui binari la pace. Il nuovo incontro tra i due leader coreani ha schiarito il cupo cielo di guerra addensatosi sopra il possibile summit tra Trump e Kim. Cosicché il presidente Trump è tornato a dichiarare che «le consultazioni stanno andando avanti molto bene e l’incontro si farà, e sarà un successo per la Corea del Nord e per il mondo intero». Ed anche per la sua politica estera, potremmo aggiungere. La pace è a portata di mano, ormai, tra le due Coree. A condizione che le si lasci trattare tra di loro: si capiscono e non vogliono la guerra. Moon Jae-In e Kim Jong Un, con i fatti, mostrano che vogliono aprire un nuovo capitolo nella loro storia.

 

 

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