Ovazione per Yuja Wang

L’Accademia nazionale di Santa Cecilia a Roma ha ospitato l'artista per un concerto su Ravel diretto dal francese trentenne Lionel Bringuer. Lei è perfetta e sembra mettere l’anima in quello che suona
Yuja Wang

I cinesi vogliono e sanno stupire. Dopo l’ipertecnico e mediatico Lang Lang, l’Accademia nazionale di Santa Cecilia a Roma ha ospitato Yuja Wang. Vestita di un abito scintillante con coda il primo tempo, e di una sorta di bikini rosso fiamma nel secondo, avanza con grazia studiata, si inchina e suona Ravel. L’ha già inciso col direttore, il francese trentenne Lionel Bringuer, che sa accompagnare con tatto, gusto e un gran bel gesto espressivo.

 

Primo brano: il celebre Concerto per la mano sinistra in re maggiore, anno il 1932: pezzo funambolico, monumentale, tra pieni e vuoti costanti, marce sontuose e ritmi spezzati, glissando perfetti in quel mago dell’orchestra che è Ravel. Lei non si impressiona, sciorina note con evidente facilità, segue lo spartito sul tablet, mai un impaccio, tutto perfettamente aderente al tono brillante del brano iperbolico.

 

Tocca poi al Concerto in sol. Qui la cosa si fa difficile: il secondo tempo è un Adagio assai, dai lontani echi mozartiani, una melodia lunga, chiara, quasi incantata. Lei è perfetta, sembra suoni con l'anima oltre che con le splendide dita. Il virtuosismo dell’ultimo tempo annega i pensieri nei colori jazzistici e la riporta al fraseggio e al dinamismo con sonorità di farfalla. Ovazioni del pubblico. Ci si domanda alla fine se ci sia bisogno di far spettacolo forse troppo esibizionistico per attirare l’attenzione. Non basta saper suonare, cioè donare, la musica? È una domanda non peregrina, che va ben oltre la moda del momento. Aspettiamo la star mediatica in Mozart, Beethoven e Chopin. Loro sono un’altra cosa.

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