Oscar Wilde, rovina e rinascita

A Parigi, visitando il celebre cimitero di Père Lachaise, sezione dedicata agli "uomini illustri"
tomba oscar wilde

Riposa, nel celebre cimitero parigino di Père Lachaise, sotto un imponente monumento raffigurante una sfinge che da non molto tempo è stato dotato di una protezione “antibacio” e “antigraffiti”, tutte espressioni d’affetto dei suoi fans, che però minacciavano di danneggiarlo irreparabilmente. Era bello, era ricco, aveva successo, uno degli uomini più affascinanti del suo tempo. I suoi libri andavano a ruba. Le sue opere teatrali venivano rappresentate, a Londra, in tre teatri contemporaneamente. Era Oscar Wilde, il celebre autore de Il ritratto di Dorian Gray e il re degli aforismi. Colui che aveva detto: la mia vera opera d’arte è la mia vita. Uno che si faceva un dovere di bere alla coppa del piacere fino in fondo.
 
Questa vita vertiginosa e abbagliante subì però un brusco contraccolpo quando una sua relazione omosessuale divenne di dominio pubblico. E questo la società vittoriana del suo tempo non poteva perdonarglielo. Così subì un celebre processo che si concluse con la sua condanna a due anni di carcere duro e di lavori forzati.
 
Il celebre dandy ne uscì spezzato. Colui che era un tempo osannato e invidiato veniva ora vituperato e schivato come un lebbroso. Dovette cambiare nome, le sue commedie non vennero più rappresentate. Si rifugiò in Francia, in una oscura e lugubre cittadina di provincia, dove per vivere dipendeva dai soldi che gli sborsavano l’ex moglie e amici fedeli e pietosi. Sempre illudendosi di poter scrivere ancora opere che gli avrebbero consentito, se non di emulare il successo di una volta, di farlo riconciliare con la società che lo aveva estromesso.
 
La parabola di questo Orfeo affascinatore, che aveva emulato Socrate per le sue sentenze rivoluzionarie (e come Socrate, vedi caso, fu condannato come corruttore della gioventù), sembra più istruttiva delle fiabe che inventava lì per lì e che contenevano sprazzi di verità. In fondo Wilde, con tutte le sue arie trasgressive, era in cerca di autenticità: per questo il contrasto tra uno come lui, dotato di talento come pochi, e la società del suo tempo, che nascondeva dietro falsi moralismi i suoi vizi facendoli apparire virtù, doveva dare non poco fastidio.
 
Comunque la rovina del celebre scrittore doveva far nascere un altro uomo. In Wilde, già nel periodo del carcere, s’era operata una conversione commovente, da lui descritta nella straordinaria lettera-confessione De profundis. Negli ultimi anni della sua vita, i non molti che gli restavano da vivere, in quanto morì a 46 anni nel 1900, acquistò ciò che la carriera folgorante gli aveva negato, distogliendolo dalle realtà vere. Wilde, infatti, morì povero, quasi alla chetichella (al suo funerale furono presenti pochissime persone), ma morì cristiano.
 

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