Oscar alla carriera a Lina Wertmüller
Lo stile con cui ha ritirato il meritato premio Oscar alla carriera è stato lo stesso di tutti i suoi film: ironico, tagliente, brillante, battagliero. «Cambiamo il nome a questa statuetta», ha detto Lina Wertmüller, 91 anni lo scorso agosto, quando è salita sul palco di Los Angeles per accarezzare la dorata e preziosa statuetta. «Perché Oscar? Ci vuole un nome di donna: chiamiamolo Anna!».
Con questa leggerezza, unita a una visibile e comprensibile emozione, con i suoi occhiali di plastica colorata che mai le nascondono il sorriso luminoso, la regista romana si è presa la scena strappando sorrisi e applausi. Ha scherzato con le donne che l’accompagnavano gioiose: la figlia Zulima Job, in primis, e, a sorpresa, anche Sophia Loren e Isabella Rossellini. «Ti trovo benissimo – le ha detto proprio la Loren – sono qui per te, per salutarti. Era tempo che ci vedessimo».
Insieme a queste grandi icone del cinema italiano, anche le colleghe americane Greta Gerwig e Jane Campion, che hanno voluto omaggiare la prima donna in assoluto che, nell’ormai lontano 1976, ottenne una candidatura al premio Oscar e che adesso, 41 anni dopo, può finalmente stringerlo tra le mani. Il film era Pasqualino Settebellezze, candidato a ben quattro premi Oscar, tra cui quello per la miglior regia. Non ce la fece, ma certamente quella pellicola che raccontava con toni grotteschi certe pagine amare della storia italiana e del suo Sud in particolare – si andava dalla Napoli del 1936 a quella del 1946, passando per altri posti in Europa – fu un grande successo in America, e anche da lì nasce la considerazione che il Paese a stelle e strisce ha sempre avuto nei confronti della cineasta romana.
Durante la cerimonia di ieri, 27 ottobre, alcune immagini della lunga carriera di Lina Wertmüller sono state proiettate davanti a quegli americani che mai le hanno fatto mancare affetto e stima, e che sempre hanno voluto bene a lei e ai suoi film ormai classici, sempre riconoscibili nello stile, nel sapore, nella vistosa energia: Mimì metallurgico ferito nell’onore, del 1972 – ancora un film sulle povertà del nostro Sud – oppure Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto, del 1974, ma anche il suo esordio nel 1963: I Basilischi, dopo le fondamentali esperienze come assistente alla regia di Federico Fellini.
Un cinema sulla nostra Italia, quello di Lina Wertmüller, sulle sue piaghe, le sue ferite, i suoi crocevia e le sue contraddizioni: diversi capitoli di un cinema sempre divertente, ma anche politico, leggero e impegnato al tempo stesso. Un cinema inimitabile e unico, ed ecco che calza a pennello la motivazione per il premio ricevuto ieri: «per essersi distinta in modo straordinario lungo la sua carriera». Congratulazioni, dunque, auguri e complimenti sinceri, cara Lina Wertmüller.