Orrori libici e porti sicuri

Editoriale

Dicevano che la Libia era in via di stabilizzazione. Che il peggio era passato. E non c’era ragione per non dover trattenere lì i migranti e i profughi. Perché la presenza delle agenzie Onu era una garanzia di rispetto dei diritti umani. E che insomma tutto il resto, le torture, gli abusi, la schiavitù, gli stupri perfino sui bambini, erano acqua passata. Nient’altro che le solite notizie farlocche dei soliti pennivendoli della solita stampa schierata contro il governo.

Fino a quando non è arrivato l’ennesimo appello del segretario generale delle Nazioni Unite, che in un raccapricciante rapporto di fine 2018 accusava le autorità libiche che gestiscono i centri di detenzione per i migranti di commettere “orrori indicibili”.

Così ha cominciato a incrinarsi la narrazione trionfale di una Tripoli verso la pacificazione grazie ai successi della diplomazia tricolore. E più cresceva la consapevolezza degli orrori, più la guerra ai soccorritori del mare si faceva cruenta. Con la Sea Watch bloccata a fine gennaio per una decina di giorni tra Lampedusa, Siracusa e infine Catania. Come sempre accade, i migranti poi vengono fatti sbarcare. Ma il segnale per le Ong è chiaro: venire in Italia vuol dire mettersi nei guai, restare in balia del mare e della politica per giorni, e infine magari indagati.

Gli atti ufficiali, però, raccontano un’altra storia. Richiesti di spiegare per quale ragione navi come l’italiana Mare Jonio hanno subito l’ordine di stop e a motori spenti, intimato da una motovedetta della Guardia di finanza e non rispettato dal comandante del vascello umanitario, sia il ministero dell’Interno che quello dei Trasporti (competente sul controllo marittimo) negano che sia mai stata impartita una simile richiesta e ribadiscono che in nessun atto ministeriale si possa rinvenire un divieto di accesso ai porti italiani.

Lo scontro, però, si sposta dal piano politico a quello giudiziario. Per due volte esponenti del governo italiano sono stati accusati di “sequestro di persona”. E non era mai accaduto in nessuna democrazia che rappresentanti di un esecutivo venissero indagati per abusi di potere a danno di profughi, e tra essi anche diversi minorenni. Basterebbe questo a dare la misura di scelte politiche che la misura l’hanno smarrita da tempo.

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