Oriente e Occidente faccia a faccia
La parola data si rispetta. Ancor più se è la parola di un papa, anche se ci vuole un po’ di tempo per realizzarla. Secondo la promessa fatta da Paolo VI, nei loro storici incontri di 50 anni fa, al patriarca ecumenico di Costantinopoli Athenagoras I, la chiesa cattolica di San Teodoro di Roma fu donata nel 2000 da Giovanni Paolo II alla Chiesa ortodossa greca di Roma.
Dopo quattro anni di lavori di restauro la chiesa greco-ortodossa di San Teodoro Megalomartire il Tirone è stata consacrata il 1 luglio del 2004. Da allora è diventata un punto di riferimento per i circa 10 mila fedeli del Lazio. Durante l’inaugurazione della chiesa, il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo disse: «Sicuramente 950 anni di scisma e di reciproca privazione costituiscono una dolorosa realtà. Però, poco dopo la metà del passato ventesimo secolo, quegli indimenticabili grandi uomini, il venerato nostro predecessore patriarca Athenagoras I da una parte e il papa Giovanni XIII inizialmente e poi Paolo VI dall’altra hanno compiuto i primi generosi e grandi passi dell’amore. Le braccia sono aperte e il dialogo dell’amore ha costruito relazioni di reciproca comprensione ed è cominciato anche il dialogo teologico della Verità. Occidente e Oriente guardano l’uno all’altro faccia a faccia». Il parroco a San Teodoro è, dal 2011, il presbitero Vladimir Laiba.
Qual è il senso della vostra presenza a Roma e cosa significa vivere in una città che è il centro della cattolicità?
«Durante i frequenti e produttivi incontri fra Roma e Costantinopoli iniziati negli anni Sessanta, il metropolita Melitone di Calcedonia comunicò il nobile desiderio del patriarca Athenagoras di avere a Roma una chiesa a disposizione dell’uso liturgico della comunità ortodossa. Tale aspirazione non era motivata solo da necessità pastorali per i due pellegrini che si erano incontrati la prima volta a Gerusalemme 50 anni fa, nel lontano 1964. La richiesta era realizzare il desiderio comune di vedere i cattolici e gli ortodossi venerare Dio insieme, qui a Roma. Così fu scelto un luogo di culto significativo che proviene dai tempi della Chiesa indivisa. La chiesa di San Teodoro (Teodoro in greco significa dono di Dio), è un luogo ricco di storia, e sembra il posto più appropriato per una comune volontà di unità sia dell’Oriente che dall’Occidente».
Quali sono le origini di San Teodoro?
«La mia è una piccola chiesa rotonda che, secondo la tradizione, risale al VI secolo. Dopo i lavori di restauro eseguiti per aggiungere una serie di caratteristiche come l’iconostasi, l’icona del Pantocratore sulla sommità della cupola, l’icona di Cristo come Sommo Sacerdote sul trono episcopale, elementi fondamentali e necessarie per il rito della chiesa Ortodossa, il mio servizio a San Teodoro è iniziato nel 2008 come diacono, e dal 2011 come presbitero della chiesa».
Che tipo di attività pastorali svolgete?
«Il forte impegno pastorale e la passione per l’unità del gregge di Cristo è la nostra prima missione come sacerdoti che svogliamo il servizio liturgico. La Divina liturgia è celebrata in chiesa, vero ingresso nella casa del Padre. Qui l’Eucaristia, secondo il detto antico è un “farmaco dell’immortalità”. Lo scopo dell’Eucaristia non è la perfezione dell’uomo, ma che tutti possano vedere la luce di Dio che illumina ogni cosa, e scoprire l’amore misericordioso del Padre che si estende ad ogni creatura».
Quali sono le esperienze e le iniziative più interessanti in campo caritativo?
«L’insegnamento di Cristo non è un discorso filosofico o ideologico. È un discorso essenziale e ontologico, che trasforma il mondo. La nostra Chiesa insegna che in Dio non ci possono essere disarmonia, discriminazione, distinzione egoistica, stonatura nell’armonia delle esistenze personali e naturali. Siamo chiamati ad accettare il suo invito di vivere vicino a lui uniti, amati, armoniosi e felici. Non smetteremo di difendere i diritti degli uomini e dei popoli, consapevoli che così ordina la volontà di Dio. In Italia, l’Arcidiocesi ortodossa d’Italia e Malta, con grandi sacrifici, sotto la saggia guida di Sua Eminenza Rev.ma il metropolita Gennadios Zervos, cerca di testimoniare ovunque e sempre il magistero sociale della Chiesa ortodossa, servendo attraverso parrocchie tutte le necessità possibili di tutti gli uomini, senza nessuna distinzione, secondo la predicazione paolina: “Perché tutti siete uno in Cristo Gesù” (Gal 3, 28)».
Cosa si potrebbe fare di più per aumentare la sensibilità a un ecumenismo di base, del popolo?
«La ricerca dell’unità è un piano di Dio, è una missione della Chiesa. Il vero protagonista dell’ecumenismo è lo Spirito Santo. È Lui che fa di molti un solo corpo, un cuore solo e un’anima sola, come avveniva nelle prime comunità cristiane. La prima condizione, quindi, per aumentare l’ecumenismo è la conversione del cuore. È uno sforzo per coinvolgere le comunità cristiane in questo spazio spirituale, in cui il Cristo con la benedizione dello Spirito Santo induce tutti nell’amore e fiducia, uno verso l’altro. L’unità non è il risultato della nostra azione privata, perciò non dobbiamo temere, ne essere vinti dalla sfiducia di fronte alle difficoltà. Essa sarà un dono di Cristo, e secondo San Giacomo: “Ogni buon regalo e ogni dono perfetto viene dall’alto e discende dal Padre della luce” (Gc. 1, 17). L’unità verrà nella pienezza dei tempi quando il Signore lo vorrà, essa sarà un dono dello Spirito Santo, sarà un miracolo, noi non dobbiamo fare altro che camminare in umiltà e seguire docilmente la volontà di Dio».