Orgoglio nazionale
«La televisione non potrà reggere il mercato per più di sei mesi. La gente si stancherà subito di passare le serate a guardare dentro a una scatola di legno». (Darryl F. Zanuck)
L’Italia si colloca al 2° posto nel mondo, dietro gli Usa, per possesso di automobili (60 ogni 100 abitanti) e al 3° posto per spesa pro-capite (oltre duemila €/anno) in giochi d’azzardo e nell’utilizzo di chirurgia estetica (13 persone su mille, ci “precedono” solo Sud Corea e Grecia).
Abbiamo provato ad identificare i principali motivi storici (folgorante e “immeritato” sviluppo economico, non corrisposto da un’adeguata evoluzione culturale) e le forme principali di influenza (sistema dei media) che possono spiegare, almeno in parte, un fenomeno sociale unico: un Paese europeo con un benessere privato da record, risorse pubbliche da Terzo mondo, una classe politica che – perfino in condizioni di forte emergenza sociale – conferma la propria propensione a “fare i propri interessi” e una “base popolare” in gran parte spensierata, attratta dai destini dell’Italia del pallone (che, per l’ennesima volta, potrebbero diluire le pesanti responsabilità emerse dalle inchieste sul calcio-scommesse) più che dall’Italia del lavoro, delle riforme o della famiglia.
Un Paese con scarsa memoria storica, che difficilmente potrà esibire senso dello Stato, orgoglio nazionale.
Gli americani – grazie ai film di John Wayne e di Rocky – si sono emozionati, ammirando la propria storia (forse raccontata in modo un po’ “partigiano”) e bevendosi l’american dream: un grande Paese che offre enormi possibilità, anche alle classi meno agiate.
Telecom, il primo investitore pubblicitario italiano, pianifica spot che mostrano un Garibaldi frivolo e cialtrone, mentre, dai canali Rai, l’Isola dei Famosi viene trasmessa per il 12° anno consecutivo.
Queste diverse tipologie di comunicazione possono spiegare il motivo per il quale intere famiglie, di razze e culture diverse, cantano in piedi l’inno americano con la mano sul cuore alla finale del Superbowl, mentre in Italia le squadre si schierano in campo tra insulti e telefonate dai cellulari?
Probabilmente, la risposta più significativa a questa domanda è nascosta in questa classifica: l’Italia (unico Paese dell’Europa occidentale definito “semi-libero”) è al 70° posto nel mondo in termini di libertà di stampa, a pari merito (si fa per dire) con la Guyana. E, in questo caso, non ce la caveremo con qualche rigore…