Ora tocca al Portogallo
Le dimissioni del primo ministro Sócrates (nella foto) evidenziano problemi di politica interna e una difficile gestione dei rapporti con l’Europa
Il 23 marzo il primo ministro portoghese, José Sócrates, ha dato le dimissioni e tutto fa pensare che si svolgeranno elezioni anticipate entro l’estate. Si chiude così un’esperienza di circa due anni di governo del Partito socialista con maggioranza relativa nel Parlamento, dopo quattro anni di maggioranza assoluta.
I partiti dell’opposizione, quelli di centrodestra e di sinistra, si sono uniti per rifiutare un nuovo piano di austerità (il quarto in poco più di un anno). Questo piano era stato redatto per evitare di ricorrere all’aiuto finanziario europeo affinché il Portogallo potesse riuscire a ridurre il deficit pubblico. Con la bocciatura delle misure elaborate dalla squadra di Sócrates e le dimissioni del governo, gli interessi del debito portoghese, in aumento da diversi mesi, sono saliti ancora di più e un aiuto esterno, con l’imposizione di maggiori tagli sulla spesa pubblica, sembra adesso inevitabile.
Ma come si è giunti a questa situazione? Per il governo uscente, il Portogallo soffre soprattutto le conseguenze della crisi finanziaria internazionale. Per l’opposizione, invece, la responsabilità va attribuita ad una gestione sbagliata dei diversi governi guidati da José Sócrates, che hanno visto l’aumento dei conti pubblici e la promozione di grandi progetti d’investimento pubblico.
Il principale partito dell’opposizione di centrodestra (il Psd) ha consentito, nel nome dell’interesse nazionale e scendendo a compromessi su alcune misure, l’approvazione delle leggi finanziarie in questi due ultimi anni, nonché i precedenti piani di austerità, sotto l’influenza del Presidente della Repubblica (della sua stessa area politica). Adesso, però, l’atteggiamento è cambiato. Il governo, con un gesto che dimostra la sua poca propensione al dialogo, ha ottenuto approvato il nuovo piano presentato a Bruxelles, che include misure rigettate precedentemente dall’opposizione.
Il piano è stato approvato prima di averlo presentato al Presidente della Repubblica, agli altri partiti e alle associazioni sindacali ed imprenditoriali. L’opposizione ha dunque attribuito al governo del partito Socialista la responsabilità per la grave crisi finanziaria attuale, sottolineando che gli interessi del debito portoghese si ostinano a non scendere, nonostante i vari piani d’austerità, e che questo è un segno che i mercati finanziari hanno perso definitivamente la fiducia nel governo guidato da Sócrates.
C’è anche chi sottolinea che un governo con maggioranza assoluta avrà più possibilità di manovra rispetto all’attuale di riconquistare la fiducia della popolazione. Anche se i sondaggi indicano una progressione del centrodestra, non è comunque certo che questo schieramento possa raggiungere, alle prossime elezioni, la maggioranza assoluta. Il Partito socialista assicura che non esistono alternative reali al piano che ha presentato ed attribuisce alle diverse opposizioni la responsabilità per la situazione ancora più difficile che si prospetta, accusando il centrodestra in particolare di pretendere a tutti i costi di ritornare al potere. Un convincimento che la formazione politica sfrutterà certamente al massimo anche durante la campagna elettorale.
Di fronte ai futuri piani d’austerità, la popolazione in generale reagisce con perplessità, perché non riesce a scorgere il senso dei sacrifici che le vengono richiesti, la via di scampo, “la luce in fondo al tunnel”. Le diverse opposizioni, inoltre, chiedono equità nella ripartizione dei sacrifici richiesti. In modo particolare la sinistra evidenzia la sproporzione fra i sacrifici richiesti ai lavoratori e la persistente disuguaglianza nella distribuzione dei rediti (una delle più elevate dell’Europa) e l’ampiezza dell’evasione fiscale. C’è da prevedere che i partiti della sinistra radicale possano approfittare di questo tipo di sensibilità, anche se difficilmente aspirano a raggiungere il potere, tra l’altro perché i loro programmi difficilmente si adeguano alle politiche europee.
La crisi, con tagli effettuati alla spesa sociale e l’aumento della disoccupazione fino ai livelli più alti di sempre, colpisce fortemente i più poveri. I lievi progressi degli ultimi anni nella lotta contro la povertà (che raggiunge circa il diciotto per cento della popolazione) stanno per essere vanificati. Un dramma sul quale in particolare la Chiesa cattolica, più vicina a queste realtà per la sua rete di organizzazioni di solidarietà sociale, sta attirando l’attenzione.
In questo contesto, dalla Chiesa, da altre istituzioni della società civile e da parte di eminenti personalità si levano appelli sulla necessità di dare priorità al bene comune e si chiede ai partiti di superare divisioni e calcoli elettorali per trovare l’ampio consenso che l’eccezionale gravità della situazione chiaramente esige. Un cosiddetto “governo di salvezza nazionale” avrebbe potuto evitare le elezioni anticipate. Il quadro parlamentare che verrà fuori dalle elezioni, che può non essere quello di una qualsiasi maggioranza assoluta, potrebbe anche portare, vista la situazione di emergenza, ad un governo di questo genere. Qualsiasi scenario post-elettorale, del resto, anche se di maggioranza assoluta, consiglierebbe uno sforzo per arrivare ad un governo forte di un consenso allargato. Tutto ciò significherebbe una rottura con la solita conflittualità. Questa è sicuramente una delle principali sfide che l’attuale crisi pone ai responsabili politici portoghesi.