Ora (o mai più)
Ci sono dischi più importanti di altri. Perché più attesi, per la caratura del firmatario, o perché in essi più che in altri è compresso il Presente, o meglio, la sua traduzione poetica e/o iper-emotiva.
Ci sono dischi più importanti di altri. Perché più attesi, per la caratura del firmatario, o perché in essi più che in altri è compresso il Presente, o meglio, la sua traduzione poetica e/o iper-emotiva.
Ora, il ritorno di Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti è indubbiamente uno di questi. Per questo ho lasciato passare un po’ di tempo prima di parlarne. Perché certi dischi vanno “metabolizzati” prima di poter essere valutati compiutamente. Ma devo dire che, almeno in questo caso, le impressioni del primo ascolto sono state confermate dai successivi. Un disco importante e sostanzioso, dove anche la “forma” e la corteccia sembrano trascendere quell’aura di trasandatezza che rivelava la cifra essenziale del primo Jovanotti-style.
Un disco da cantautore vero (finalmente), pieno di idee e di spunti interessanti, specie per quel suo modo di leggere la realtà ad un tempo leggero e riflessivo; orizzontale e bidimensionale come una foto, e profondo e spesso come ogni opera ponderosa.
Se qualcuno s’aspettava da Ora un verdetto definitivo sulla caratura del suo autore, direi che a questo punto Jovanotti s’è definitivamente svelato: un artista a tutto tondo, maturo e personale. Non un genio à la De Andrè, ma ben più significativo di tanti epigoni ed aspiranti eredi.
Sarà l’età (dai suoi debutti giovanili ad oggi son passati più di due decenni), sarà la paternità o la perdita della madre, o il suo continuo cercare nuovi sentieri (artistici e no), sarà un rapporto con la propria popolarità sempre più lontano dai cliché e dagli atteggiamenti del divismo. Sarà un po’ di tutto questo, certo è che il Lorenzo odierno ha davvero qualcosa da dire, a sé stesso e al suo pubblico. E tutto questo trasuda da ogni solco di questo suo diciottesimo album.
Un lavoro che se nella forma non si discosta molto da quel suo solito pop danzereccio (ma più raffinato e variegato del solito) o morbidoso, a seconda degli episodi, sul piano contenutistico rispecchia gli equilibrismi che gran parte di noi vive ogni giorno sulla propria pelle: tra paura e speranza, tra pragmatismo e slanci idealisti, tra i dubbi di un precariato sempre più onnicomprensivo e la fede nella forza sempiterna dell’amore: e non solo quello sentimentale.
Promosso a pieni voti.