Opporsi all’economia che uccide
È iniziata dal 1° maggio la Settimana mondo unito, annunciata in questo 2020 sotto pandemia come un grande «laboratorio ed expo globale on-line, che vuole mostrare azioni, iniziative, testimonianze che, in ogni parte del mondo, contribuiscono a realizzare, tra le persone e i popoli, la fraternità, l’unità e la pace».
Nel corso di questa expo, il 5 maggio viene presentato, come Movimento dei Focolari in Italia e Città Nuova, il percorso di Economia disarmata.
Di cosa parliamo?
L’istituzione di un “gruppo di riflessione e azione” denominato “Economia Disarmata” è una scelta del Movimento dei Focolari in Italia che, dal 2015, ha preso sul serio l’opzione per la pace non in maniera generica ma seguendo l’indicazione di papa Francesco di opporsi all’economia che uccide.
Se non incidiamo, infatti, sulle scelte della finanza e dell’industria rischiamo di fare soltanto dei moralismi inutili e ambigui. Si tratta di affrontare le contraddizioni della nostra società nei meccanismi che producono la logica della guerra e provare a ribaltarli.
Il metodo è quello di partire da situazioni concrete dove esistono le tracce di una fraternità possibile in azione, qualcuno che espone la propria vita.
Si parte sempre da una testimonianza personale e collettiva, ma bisogna poi saper rendere ragione delle proprie scelte davanti a centri di pensiero e potere che la pensano del tutto diversamente.
In questa prospettiva, Citta Nuova è uno strumento di comunicazione che non disegna una città utopica futura, ma cerca di dare spazio e condividere le tracce di fraternità che già esistono. La sfida è sempre quella di avere il coraggio di essere segno di contraddizione, non avere padroni che limitano la liberà di coscienza di rispondere al grido degli ultimi.
Si percepisce questa tensione, che non è certo perfetta, nel lavoro editoriale del quotidiano web, della rivista e dei libri. L’avvio del percorso di economia disarmata lo si trova nell’inchiesta dell’ottobre 2015 sul commercio delle armi, ma si tratta di un storia che è connaturata alle sue solide radici. Igino Giordani, fra i direttori della rivista, è stato il primo a proporre una legge sull’obiezione di coscienza alle armi. Come politico e scrittore ha pagato il prezzo della sua coerenza.
Per restare alla nostra storia recente si pensi che Città Nuova è stata una delle poche testate contrarie alla guerra in Libia del 2011 che ora tutti criticano come origine del caos alle nostre porte, con i campi di detenzione dei rifugiati che sono dei veri e propri lager, come riportiamo senza badare a critiche e polemiche.
Ma si riesce a far qualcosa, a dar voce costante al percorso di economia disarmata perché Città Nuova si regge sul sostegno dei suoi abbonati. Per questo motivo è stata libera, in questi anni, di dare spazio e voce a realtà solitamente trattate marginalmente dalla grande stampa.
Volti e storie che interverranno durante il collegamento della Settimana mondo unito. Dal comitato per la riconversione della Rwm, fabbrica di bombe in Sardegna inviate anche per il conflitto in corso nello Yemen, agli operai del porto di Genova che hanno rifiutato di caricare armi sulle navi diretti ai Paesi in guerra.
Evidentemente se oggi, in piena pandemia, ci accorgiamo che a livello planetario si spendono 2 miliardi di dollari per finanziare l’Organizzazione mondiale della sanità e oltre 1.900 miliardi di armi in spese militari, vuol dire che viviamo in un mondo pieno di sonnambuli pronti a cadere nell’abisso dell’autodistruzione.
Dopo il fallimento delle grandi manifestazioni del 2003 per impedire la tragedia della guerra in Iraq, costruita sulla menzogna, è prevalsa l’idea di non poter far nulla per cambiare il mondo secondo giustizia. Ciò ha spalancato le porte a quella che papa Francesco chiama l’idolatria del denaro che può fare tutto e imporre le guerre.
Per fortuna esiste una rete di movimenti per la pace ed è un bene che siano diversi per rispettare la storia e l’identità di ciascuno. Non può esistere nessuna strategia dall’alto per far cambiare rotta a questo mondo, se non ripartire sempre dall’impegno personale, anche accettando di essere minoranza.
Solo essendo credibili si può sperare in una trasformazione della coscienza collettiva. Si tratta di riconoscere e far crescere questa rete dialogando con tutti, cercando di proporre una unità di azione su obiettivi concreti come il blocco dell’invio di bombe per la guerra in Yemen, delle navi cariche di armi dai nostri porti, per riconvertire integralmente la nostra economia con produzioni orientate al bene comune, capaci di generare alti livelli di ricerca scientifica e nuovi posti di lavoro stabili.