Oppo e le sue stanze
Carmela ha scoperto di avere il cancro per caso. Era diventata nonna da appena due mesi quando, accompagnando la figlia a fare una visita ginecologica al Policlinico Gemelli, si era lasciata convincere a farsi visitare anche lei. È stato così che, inaspettatamente, grazie all’ecografia, ha saputo di avere un carcinoma all’ovaio destro: «È stata una doccia gelata» racconta «pochi mesi prima avevo fatto il mio controllo annuale, con la visita ginecologica e il pap test, era andato tutto bene. Ma non avevo fatto l’ecografia». Aveva dovuto lasciare il suo lavoro, c’era stato l’intervento e poi la chemio: «Ero appena diventata nonna, il mio primo nipote… Quest’esperienza mi ha completamente spiazzato!».
Non è stato facile, il decorso è stato lungo, ci sono voluti due anni, ma alla fine Carmela è guarita: «Devo ringraziare questi strumenti di diagnosi moderni, se non fosse stato per loro, forse oggi non sarei qui a raccontarlo».
Alberto è della generazione dei Beatles e dei Rolling Stones, ha vissuto il ’68, ha speso la sua vita per il lavoro e la famiglia, finché un giorno di circa quindici anni fa – era appena andato in pensione – non gli è stata diagnosticata una forma di leucemia: «Mia moglie insisteva nel chiedermi di fare le analisi. Io non mi sentivo niente, non volevo. Volevo godermi la pensione in pace, dedicarmi ai miei hobbies, al giardino, alla pesca… Alla fine sono andato, ma solo per compiacerla».
Le analisi però, evidenziano che qualcosa non va per davvero, seguono altri accertamenti, finché non arriva il responso: leucemia mieloide cronica. Per tenere sotto controllo la malattia, Alberto è costretto a prendere l’interferone ma non lo tollera, non sopporta la luce, sente dolori ovunque, gli cambia il carattere: «Ero diventato cattivo, davvero! Avevo sbocchi di rabbia forti e inusuali per il mio carattere… Dopo un anno così, sono andato dal mio medico e gli ho detto che non ne potevo più, che preferivo morire». Invece, il medico gli propone un farmaco uscito da poco sul mercato italiano. Questa volta l’esperimento va bene. Oggi, Alberto ha settantadue anni, continua ad essere seguito dall’equipe di medici del Dipartimento di Ematologia dell’Università di Roma Tor Vergata: «Le mie analisi sono perfette – racconta –, la malattia è in remissione. Finalmente, sono tornato a potermi occupare delle cose che amo. Finalmente, posso godermi la luce e il sole!».
Sono queste alcune delle vite salvate grazie al supporto dell’Associazione Oppo e le sue stanze Onlus che, dalla fine del 1999, promuove iniziative per le infrastrutture, lo studio, la prevenzione, la cura dei tumori, e per l’assistenza dei malati e dei loro familiari, collaborando con alcuni ospedali di Roma, come il Sant’Eugenio, il Policlinico Tor Vergata, il Policlinico Gemelli. Racconta la Presidente dell’Associazione, Resi Madia: «Oppo era il soprannome di mio figlio che, tanti anni fa, si è ammalato di leucemia e non ce l’ha fatta. Ma non ce l’ha fatta qui. Da lassù, invece, sta facendo tanto. Posso dire che mio figlio è stato quel seme che morendo porta molto frutto. È grazie a lui che oggi esiste questa associazione. In molti mi chiedono, ma voi cosa fate? Noi salviamo vite. Collaborando con questi ospedali, ridiamo la vita a persone che si sono ammalate di tumori ginecologici o del sangue. Ridiamo speranza».
Quest’anno, il 22 maggio, presso il Polo Donna del Policlinico Gemelli, grazie alle donazioni dell’Associazione, verrà inaugurato il “Centro Oppo di Ricerca e Sviluppo del Farmaco di Prima Fase”.
Un centro di ricerca e sviluppo del farmaco di genere, dove verranno somministrate chemioterapie sperimentali e personalizzate alle pazienti. Ad accogliere queste donne, all’entrata, ci sarà il volto sorridente di Oppo e una dedica: «Il suo nome è Oppo. È stato facile amarlo, impossibile dimenticarlo. Ogni sorriso in queste stanze è la sua vittoria».