Operatori di pace in tempi di guerra
A Castellammare di Stabia un appuntamento per riflettere, assieme alla nostra rivista, sul complesso momento storico che coinvolge Medioriente, Nord Africa ed Europa
«Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» è questo il titolo dell’incontro, svoltosi domenica 3 aprile, tra il direttore di Città Nuova, Michele Zanzucchi, e la comunità della parrocchia Sant’Antonio di Padova di Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli, alla quale, dalle città vicine, si sono aggiunte altre persone, legate in qualche modo alla rivista e ai progetti del Movimento dei Focolari.
Il tema scelto rientrava nel ciclo di catechesi sulle beatitudini, organizzato, dal vulcanico parroco don Paolo Cecere, per il triennio di preparazione al 40° anniversario di dedicazione della parrocchia, avvenuta il 24 marzo 1973. I precedenti appuntamenti avevano avuto come protagonisti, tra gli altri, padre Alex Zanotelli, Silvana Fucito e don Peppino Gambardella. L’incontro è stato organizzato in collaborazione con gli uffici di pastorale familiare e per il dialogo interreligioso dell’Arcidiocesi di Sorrento-Castellammare.
Col suo stile, profondo e semplice al tempo stesso, Michele Zanzucchi ha raccontato la genesi del suo libro Mio figlio ucciso, nel quale ha raccontato le difficili, ma positive esperienze di dialogo tra israeliani e palestinesi, accomunati nel vivere il dolore per un figlio morto violentemente durante il lungo conflitto in corso in Medio Oriente. Dopo l’incontro, non casuale «con un padre ebreo che aveva perso un figlio in guerra, una persona in precedenza non particolarmente versata nel pacifismo, ma che aveva trovato il coraggio di reagire e di non aggiungere odio ad altro odio, violenza ad altra violenza», ha incontrato a catena altre persone nella stessa condizione ed ha sentito forte l’esigenza di raccontare il suo personale diario della speranza che, pur a fatica, viene fuori in un contesto umanamente disperato. Ha poi raccontato di come molte famiglie israeliane, palestinesi e cristiane abbiano fondato l’associazione The Parents Circle per promuovere la pace, concedendo non solo il perdono ai carnefici dei loro figli, ma interrompendo la spirale della vendetta e dell’odio, realizzando quello che Zanzucchi definisce «un miracolo contagioso».
Una testimonianza diretta da quanto raccontato nel libro è venuto da Manuela Dviri, collegata da Tel Aviv. La giornalista ebrea italiana, sposata ad un avvocato ebreo israeliano, ha vissuto in prima persona il dramma di tante altre madri. Il 26 febbraio 1998 suo figlio minore, Jonathan, detto Jona, cade in combattimento durante uno scontro con gli Hezbollah in Libano. Era in servizio militare di leva. Assieme ad altre donne, Manuela dà vita alla campagna ricordata “delle quattro donne” che costrinse il governo israeliano a lasciare il Libano nel 2000. Attualmente il suo impegno per la pace è indirizzato al progetto “Saving Children”, per le cure mediche e chirurgiche, in ospedali israeliani, di bambini palestinesi che non possono essere curati, per mancanza di fondi o strutture, dalla sanità palestinese. Iniziato nel novembre 2003, “Saving Children”, al quale collaborano anche molti italiani, ha finora curato oltre 8.000 bambini.
Parlando di pace, è stato, poi, inevitabile fermarsi sull’attualità di questa inutile, ennesima guerra che sta insanguinando il Nord Africa e che ha gravi conseguenze anche in Europa. Michele Zanzucchi, dopo aver ricordato gli enormi interessi politici ed economici in gioco, ha ribadito la necessità di restituire all’Africa almeno una parte delle immense risorse che le sono state depredate negli ultimi secoli. Accogliere gli immigrati, così come sta facendo l’eroica popolazione di Lampedusa, è, dunque, un preciso dovere degli abitanti del nord del mondo. Per noi italiani, questa potrebbe essere anche l’occasione per mostrarci veramente uniti ed abbandonare, una volta per tutte, le beghe politiche e localistiche che stanno caratterizzando questo nostro inquieto tempo presente.
Ma la pace va costruita ogni giorno, nella propria realtà familiare, lavorativa, comunitaria. È, quindi, necessario, ha concluso Zanzucchi, amare ogni prossimo e non farsi fermare da pregiudizi, difficoltà, incomprensioni. Solo così si può diventare operatori di pace e meritarsi di essere chiamati figli di Dio. Per i presenti, un incontro che ha ispirato nuove vie di pace e di libertà, di solidarietà e di amore, anche nel piccolo della propria vita familiare.