Operai nei cantieri della storia

Si gettano i pilastri dei ponti del Genfest: impegno sociale, spiritualità, dialogo. La storia di Chiara Lubich accolta in un silenzio suggestivo e da applausi ininterrotti
Sabato mattina al Palarena

Let’s bridge, la costruzione di ponti evocata dal Genfest 2012 diventa un vero e proprio cantiere che scava nella storia contemporanea e comincia ad ergervi pilastri. Questa metafora fa da filo conduttore al programma di stamattina, mentre una pioggia battente non smorza l’entusiasmo dei giovani in paziente attesa all’ingresso.
 
Sul palco parte la sigla e una squadra di almeno 50 ballerini con guanti e divisa da lavoro inaugura il cantiere, lasciando la parola agli interrogativi forti del mondo giovanile a tutte le latitudini: ti piace il mondo così come è? Cosa cambieresti? Come vedi il tuo futuro? Si starebbe meglio senza politica o religione esordisce un , ci vorrebbe più rispetto per l’ambiente chiede…, il futuro è buio e non vedo luci. Eppure questi giovani operai non rinunciano ad accenderne piccole, varie, talvolta appena percepibili, però ci sono e non possono essere ignorate.
 
Come a piazza Tahrir, in Egitto. Un murales colorato coinvolge gli abitanti di un quartiere non solo nella realizzazione, ma anche nella pulizia delle strade vicine per ridare armonia alla città invasa da macerie e spazzatura. C’è chi irride all’iniziativa ma questo è il tassello di partenza per ridare al loro Paese dignità e bellezza.
 
In Thailandia, il fango delle alluvioni della scorsa primavera viene fermato con catene di sacchi di sabbia. I giovani dei Focolari, lavorano per ore a fianco dei loro vicini, degli altri studenti per salvare alcuni quartieri di Bangkok. E poi ancora nella guerra dei narcos messicani, dove Willie rinuncia alla vendetta per la morte del cugino, per dar vita invece a una festa dell’amicizia con altri amici. E infine il Cile: un gruppo di giovani ospita alcuni barboni, salvandoli dalla brutalità della strada e dell’alcolismo.
 
Poi si scava anche nella vita personale. Elena racconta della sua conversione al cristianesimo, della scelta di ricevere i sacramenti, delle domande che hanno accompagnato questa scelta. Mariaelene e Lucas raccontano di come si vive un fidanzamento nell’ottica del dono e dei primi passi della vita matrimoniale, che talvolta per la differenza di vedute possono condizionare un rapporto. Nacho, argentino, incolla i 12mila alla sedia, con la sua decisione di dare la sua vita a Dio, lasciando fidanzata e famiglia d’origine.
 
Le storie di oggi, si aprono poi su una pagina di storia di ieri, quella che ha permesso alla spiritualità dell’unità di incontrare i percorsi di questi giovani: la vita e le scelte di Chiara Lubich. La sua scelta di Dio, la scoperta dell’amore evangelico capace di far di tutti gli uomini una sola famiglia è tratteggiata da una giovane attrice in abiti anni ’40. Poi è la Lubich stessa in un discorso tenuto all’Onu che dallo schermo indica il senso di questo grande cantiere mondiale: “Ci sono tante scoperte, ci sono tante novità, ci sono i mezzi di comunicazione che vanno avanti, la tecnica che progredisce. Quello che non è progredito nel mondo è l'aspetto spirituale. Occorre nel mondo un supplemento d'anima, un supplemento di amore. E questo dobbiamo portare”.
 
Un minuto di raccolto silenzio per chiedere la pace e la fraternità tra tutti gli uomini conclude questa prima parte del programma, mentre una hola interminabile e coloratissima infiamma spalti e platea, accendendole di migliaia di luci. Nel pomeriggio si lavora alle arcate e alle strade da gettare sui ponti.

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