Onu, un compleanno senza buone premesse

Il 24 ottobre l’Onu celebrerà il suo 79° compleanno, tra criticità e conflitti.
I Caschi Blu della Brigata Alpina Taurinense aiutano gli sfollati dalle zone di confine tra Libano e Israele distribuendo aiuti umanitari alla popolazione, 20 luglio 2024. ANSA/MINISTERO DIFESA

L’altro giorno, andando a dormire ho ripensato agli eventi della giornata, ed in particolare all’attacco contro la Forza di Interposizione in Libano delle Nazioni Unite (UNIFIL). Tra pochi giorni, il 24 ottobre l’Onu celebrerà il suo 79° compleanno, e certamente quanto accaduto di recente ed eventuali altre azioni simili che potrebbero presentarsi in futuro (almeno dal momento nel quale scrivo queste righe) non sono una bella premessa per festeggiare questo anniversario.

Questi eventi mi hanno riportato ad esperienze che ho vissuto personalmente quando ero funzionario dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) in Bosnia tra il 1994 e 1997, durante gli ultimi anni della guerra civile che ha afflitto quelle popolazioni. Le attività di protezione legale e degli aiuti umanitari svolte dall’UNHCR erano strettamente correlate con i Caschi Blu dell’UNPROFOR dispiegati nei luoghi più critici (e tristemente famosi): Sarajevo, Goražde, Tuzla, Srebrenica, Žepa, ecc. Anche a me è capitato in alcune circostanze di trovarmi insieme ad alcuni dei Caschi Blu bloccato, se non assediato da una delle parti in conflitto (e non sempre e solamente da chi è ritenuto “il cattivo” della storia).

Ma anche intimidazioni ed atti ostili erano frequenti, a fronte dei quali una politica dell’UNHCR accorta e rispettosa delle parti, senza però transigere al mandato ed ai principi della Carta delle Nazioni Unite, ed una attenta organizzazione sul terreno con capacità di creare e mantenere rapporti personali ed istituzionali ai vari livelli, ha evitato il peggio. Purtroppo, non si può dire lo stesso per alcuni dei reparti dell’UNPROFOR, e quanto avvenuto a Srebrenica è una responsabilità grave che resterà nella storia.

Una serie di ordigni esplosivi incendiari posizionati lungo la strada che conduce alla base operativa avanzata UNP 1-32A, nel sud del Libano, è stata individuata da una pattuglia del contingente italiano di Unifil durante un movimento logistico. 14 ottobre 2024. Foto: NPK ANSA / Ministero della Difesa

Tornando agli eventi nel Sud del Libano, non è la prima volta che contingenti delle Nazioni Unite, quelli che conosciamo come Caschi Blu, vengono attaccati da forze militari ed ingaggiati in azioni di difesa, talvolta anche con vittime, e questo già fin dalle prime operazioni che le Nazioni Unite intrapresero subito dopo la loro fondazione: il sito delle Nazioni Unite riporta che nel corso degli anni ben 3.000 loro uomini sono morti servendo sotto le insegne delle Nazioni Unite.

Quello che però ritengo grave e quale sintomo di una ulteriore erosione del rispetto del diritto internazionale, è che questa volta non sono bande di ribelli o fazioni anche organizzate militarmente – talvolta emanazione di entità non riconosciute dalla comunità internazionale – ad aggredire forze di pace o interposizione delle Nazioni Unite, bensì forze armate di uno Stato membro delle stesse Nazioni Unite e quindi a maggior ragione vincolate al rispetto dei trattati internazionali.

Certamente i soggetti che violano ed hanno violato il diritto internazionale sono tanti, ma come ha recentemente richiamato il Segretario Generale Guterres, il livello di impunità nel mondo è politicamente indifendibile e moralmente intollerabile, con un crescente numero di governi ed altre entità che sfacciatamente si giocano la carta “uscite gratis di prigione”, con un evidente riferimento al famoso gioco “Monopoli”. Così calpestano il diritto internazionale, violano la Carta delle Nazioni Unite, chiudono gli occhi davanti alle convenzioni dei diritti umani o le decisioni dei tribunali internazionali.

Da quanto posso leggere riguardo agli eventi citati all’inizio, è lodevole la fermezza mostrata dai comandi UNIFIL di fronte alle intimidazioni che sono state loro rivolte, ed è auspicabile che su quegli eventi non solamente si faccia chiarezza, ma soprattutto che si colga l’occasione per rimettere al centro il rispetto della legalità e dei principi di convivenza tra popoli e nazioni, e così invertire la delegittimazione che oscura ed indebolisce le Nazioni Unite.

Abbiamo ancora un anno di tempo per preparare un ottantesimo anniversario dell’Onu e di tutto il complesso e variegato Sistema delle Nazioni Unite: le generazioni future ci giudicheranno su questo e dobbiamo impegnarci per essere degni di un ricordo grato, e non di una damnatio memoriae causata da avidità incontrollata, cinismo esasperato, ignavia ed opportunismo.

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