Onu, allarme riscaldamento globale
Lo scorso giugno in Groenlandia, dal ghiacciaio Helheim si è staccato un iceberg grande quanto l’Emilia Romagna.
In Francia invece, il lago di Annecy, il secondo più grande del Paese, si ritrova a fronteggiare un’emergenza idrica per la quarta volta in quindici anni.
Sono due eventi lontani fra di loro, che però danno l’idea che il Pianeta terra sta soffrendo.
La conferma arriva dal lavoro del gruppo intergovernativo di esperti Onu (IPCC) sul cambiamento climatico, riunito in Corea del Sud: il riscaldamento globale aumenta, a rischio ecosistemi, specie animali, sicurezza alimentare.
Il rapporto prodotto – formato da oltre 400 pagine – è un campanello d’allarme sui cambiamenti climatici. I governi devono adottare misure drastiche, serie inversioni di rotta per ridurre le emissioni. Vanno adottate trasformazioni rapide in settori come l’industria, l’energia, le infrastrutture, per limitare il surriscaldamento a 1,5 gradi centigradi.
Qualora non vi fosse questo cambio di marcia, le conseguenze per l’uomo, per la flora e per la fauna potrebbero essere molto gravi, con rischi di inondazioni, siccità, alte temperature e povertà per centinaia di milioni di persone sul pianeta.
I cervelloni dell’Onu sul clima lasciano aperta ancora qualche speranza.
Il report prodotto infatti – presentato lunedì 8 ottobre a Incheon, in Corea del Sud – illustra i modi per limitare il surriscaldamento a 1,5 invece che 2 gradi, come è invece stabilito nell‘Accordo sul Clima di Parigi. Se riusciamo a mantenere questo traguardo, gli effetti sugli ecosistemi e la vita del pianeta saranno molto meno catastrofici.
«Mantenere il riscaldamento globale a un livello inferiore a 1,5 gradi invece di 2 sarà molto difficile, ma non impossibile» ha affermato Hoesung Lee, presidente dell’IPCC.
Sono in rischio estinzione alcune specie animali, i ghiacciai si stanno sciogliendo, i livelli dei mari salgono e c’è serio rischio di siccità: se l’uomo riesce a non superare gli 1,5 gradi, tutto questo potrà ancora essere salvato!
Al contrario, alcune zone della Terra potrebbero ritrovarsi a vivere piogge torrenziali e siccità, caldo estremo, inondazioni, tempeste tropicali.
Che la questione sia cruciale, lo indica anche il premio Nobel 2018 per l’economia William D. Nordhaus, che negli anni ‘90 è stato il primo a teorizzare e realizzare un modello integrato per valutare gli impatti del cambiamento climatico sull’economia.
Insieme a Nordhaus è stato premiato un altro americano, Paul M. Romer, che ha elaborato un modello in cui la crescita si basa sullo sviluppo tecnologico.
Il problema riguarda proprio l’ecologia e l’economia: finché sono solo un affare di potenti della terra e capi di Stato, o uno studio teorico di esperti, non si risolverà mai il problema.
Economia ed ecologia dovranno fondersi e diventare un’unica sinergia per la cura della casa, cioè di Madre Terra, altrimenti non si cambierà mai la rotta.