Ontologia trinitaria oggi
Ripensare il pensiero e metterlo a servizio delle intricate sfide dell’oggi. Ecco la pro-vocazione che ha ispirato la Summer School di alta formazione filosofica tenutasi nella fantastica cornice di Castelsardo tra il 23 e il 26 luglio e organizzata dalla Associazione culturale Inschibboleth con il Centro ricerche filosofiche letterarie scienze umane di Sassari e Sezione universitaria di Sassari della Società Filosofica Italiana.
Il tema di quest’anno (la Summer School, fondata da Elio Matassi e oggi coordinata da Carmelo Meazza, è arrivata all’XI edizione) è stata l’ontologia trinitaria ed ha richiamato studiosi e studenti da tutta Italia: 12 le lezioni principali di professori universitari (Massimo Adinolfi, Giuseppe Cantillo, Carla Canullo, Piero Coda, Gianfranco Dalmasso, Massimo Donà, Giulio Maspero, Carmelo Meazza, Marco Moschini, Gaetano Rametta, Vincenzo Vitiello, Silvano Zucal) e 26 gli interventi di ricercatori e studiosi selezionati tramite call for papers.
Ripensare il pensiero, si diceva. Che cosa significa? È necessario fare questo esercizio? E cosa ha da proporre, in questo senso, l’ontologia trinitaria?
Le sfide epocali di cui siamo testimoni (dai flussi migratori alla terza guerra mondiale a pezzi, come la chiama papa Francesco, dai rapporti internazionali sempre più tesi fra i grandi del pianeta alla guerra civile delle coscienze cui assistiamo non solo in Italia) provocano costantemente alla generatività e alla dinamica di un pensiero nuovo, capace, fra le altre cose, di ripensare (per vivere) la relazione con l’altro da sé e che dunque richiama un tema classico della filosofia, quello del rapporto tra unità e molteplicità.
Se il pensiero è l’arte di interpretare la realtà al fine di trasformarla, non ci può essere vero e profetico cambiamento che non passi da una visione la cui autenticità è misurata dalla sua fecondità, dalla sua capacità di generare processi buoni.
Qui si inserisce l’ontologia trinitaria la quale, più che una disciplina o una categoria del pensiero, è soprattutto un luogo in cui accade la verità di sé e dell’altro, che allo stesso tempo li comprende e li trascende e che ha come icona il grido di Gesù Abbandonato, in cui il dono totale e radicale di sé, che avviene fino allo svuotamento massimo, quello della perdita dell’altro, non esclude, ma anzi richiede, l’affidamento e la relazione con l’altro. Tale evento, che sempre, allo stesso tempo, accade ed ha da accadere, è conosciuto nella misura in cui è vissuto, e quindi nella relazione libera, aperta e sincera.
Relazione che, nell’ontologia trinitaria, avviene tra due discipline che rappresentano le radici del pensiero occidentale, la filosofia e la teologia. Nella diversità di metodologie le due discipline si incontrano per vivere, con un certo stupore e con consapevole riconoscenza, la dinamica di uno scambio libero, ma anche rigoroso e attento, in cui ricomprendere i temi classici delle due discipline.
Non solo, ma tale rapporto è stato vissuto, alla Summer School, anche tra i quattro poli accademici che l’hanno animata ovvero le Università di Perugia, di Sassari, il Vita-Salute San Raffaele di Milano e l’Istituto universitario Sophia, accolto con riconoscenza dagli organizzatori, anche per aver dato linfa nuova nell’ispirazione e nell’approfondimento del tema.
Il pensiero, così inteso, si traduce in un’esperienza che può essere messa a servizio della vita, che apre a nuovi e fecondi incontri e che spinge a problematizzare i temi delle singole discipline alla luce delle sfide del presente. Questo percorso, iniziato da anni e che ha fatto tappa a Castelsardo, proseguirà non solo tra i professori, ma anche con i giovani ricercatori, che – per iniziativa loro e dei poli universitari – avranno diverse occasioni di incontro, le quali peraltro vanno avanti, ormai, da diversi anni.
L’inaudito dell’ontologia trinitaria, per dirla con Massimo Donà, è che ci parla dell’unità con l’altro come non opposta alla diversità: alium in alio quia non aliud in utroque (altro nell’altro perché non altro in entrambi), diceva Ilario di Poitiers. Come a dire: la nostra identità profonda non accade in un soggetto isolato, ma tra i diversi capaci di vivere, nel dono di sé, l’uno con, per e nell’altro reciprocamente. Questa in-abitazione reciproca conduce ad una reale e sempre sorprendente unità, in quanto sempre nuova rispetto ai soggetti che la abitano. Ecco la sfida che l’oggi e l’evento trinitario ci spingono a pensare.