Omosessualità in famiglia
Giulia e Matteo hanno da pochi giorni saputo che la loro primogenita Gilda è omosessuale. La notizia li ha fatti sprofondare in un grande sgomento. Si sentono smarriti. Sebbene abbiano accolto la comunicazione da parte della ragazza, non sono rusciti a dirle di più.
Poco dopo parlandone tra di loro sono cominciate a sorgere tante paure sia inerenti alla vita della figlia che alla propria: «Gilda potrebbe essere in pericolo?»; «Avrà una vita felice?»; «Come farà a trovare una compagna?»; «Verrà discriminata, si sentirà sola?»; «Verrà accolta all’interno della comunità religiosa che frequenta?»; «Cosa potrà pensare la gente di noi?»; «Non saremo mai più nonni?»; «Riusciremo ad accoglierla fino in fondo?»; «Il nostro rapporto cambierà?». E così via.
Quando un genitore riceve una comunicazione che non si aspetta da parte di un figlio, le reazioni possono essere molteplici. Come nel caso di Giulia e Matteo possono sorgere tante paure, ci si inizia a confrontare con una cosa nuova che proprio perché tale porta con sé decine di interrogativi e dubbi.
Ci si può trovare a dover affrontare un vero e proprio lutto: il figlio che si aveva in mente fino a quel momento non è più quello. Sia ben chiaro: il figlio resta sempre lo stesso, sono le aspettative del genitore che vengono infrante. Questo ovviamente può accadere con tutti gli aspetti della vita di un figlio (università, scelta lavorativa e del luogo in cui vivere, come vestirsi, ecc.). La vita mette dinanzi il figlio reale da accogliere ed amare per quello che realmente è e non per quello che avremmo voluto che fosse.
Parallelamente anche il ragazzo o la ragazza che comincia a comprendere qual è il proprio orientamento sessuale, soprattutto se si tratta di un orientamento che si discosta dalla maggioranza dei casi, può essere accompagnato da paure e solitudine. «I miei genitori mi accoglieranno per quello che sono?»; «Come sarà il mio futuro?»; «Potrò essere felice?»; «Verrò discriminato per il mio essere diverso?», queste ed altre domande possono risuonare nella mente dei giovani. Come si vede, quindi, paure, interrogativi e dubbi sono comuni sia ai genitori che ai figli che si trovano ad affrontare situazioni poco comuni.
Cosa fare allora? Come affrontare questa transizione? Come continuare ad essere famiglia anche se con caratteristiche diverse?
Fondamentali in questa fase possono essere 3 gruppi di ingredienti che definirei imprescindibili: la voglia di conoscere l’altro; il rispetto del tempo dell’altro e l’accoglienza reciproca; la condivisione e il dialogo.
La voglia di conoscere è un ingrediente importante soprattutto per quei genitori che magari possono essere più all’oscuro dell’argomento: «Quanto so dell’omosessualità? Come posso conoscere di più questa realtà? Conosco delle persone omosessuali? Come può mio figlio stesso aiutarmi a meglio comprendere cosa vive?». Dichiarare la propria ignoranza a volte può essere il primo passo per abbandonare idee giudicanti ed aprirsi ad un dialogo costruttivo ed attivo.
Il rispetto del tempo dell’altro: altro ingrediente necessario. Io figlio, ad esempio, non posso aspettarmi né tanto meno esigere che il percorso del genitore verso l’accoglienza sia immediato. Così come un genitore è auspicabile che resti sempre accanto al proprio figlio, anche un figlio a sua volta deve considerare che possono esserci tempi e modi diversi per elaborare situazioni sconosciute. Ognuno ha storie diverse, proviene da culture diverse ed è giusto e normale che ci siano tempi di elaborazione diversi. Se un genitore fatica ad accogliere un figlio omosessuale nel momento presente non significa che non possa essere in grado di farlo tra qualche tempo.
La condivisione: altro elemento imprescindibile, che deve essere prima di tutto condivisione emotiva. «Come mi sento dopo quello che mi hai detto?»; «Che emozione ha generato in me la tua reazione?» e così via. Questa ed altre riflessioni da condividere possono essere fondamentali al fine di creare uno spazio in cui stare con l’altro, condividendo le emozioni che si stanno provando, affinché nessuno si senta solo e abbandonato. A tal proposito è anche necessario ricordare che affinché la condivisione sia fruttuosa e »porti a qualcosa di nuovo, le emozioni condivise vanno rispettate da entrambe le parti e devono essere autentiche. Condividere solo emozioni positive sarebbe falso e creerebbe uno pseudo-dialogo.
Le diversità possono arricchire. Possono inizialmente spiazzare, possono essere difficili da metabolizzare, ma alla lunga possono anche insegnarci qualcosa di nuovo, possono farci fare dei percorsi inaspettati, possono aprirci a realtà che non immaginavamo esistessero. Un dialogo autentico è alla base per riscoprirsi genitori e figli, gli stessi di prima ma sempre ed in costante evoluzione.
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