Omosessualità e castità
Qualche mese fa il settimanale l’Espresso ha pubblicato un’inchiesta su Courage, definendola una setta fanatica che vuole “guarire” gli omosessuali. Un giudizio sommario, certamente, che ci ha spinti ad andare alla fonte. Ne parliamo con Alberto Corteggiani, referente per l’Italia. Ripercorrendo la sua storia, cercheremo di capire che cosa è Courage.
Come è arrivato a Courage?
Il mio primo contatto risale a parecchi anni fa. Sono una persona che prova attrazione verso persone dello stesso sesso (Ass) e a quel tempo vivevo un profondo ripiegamento su me stesso, frustrato per l’incapacità di amare ed essere amato come avrei voluto. Desideravo costituire una coppia dello stesso sesso. Pensavo non ci potesse essere felicità al di fuori di una relazione esclusiva, di possesso e fusione, che doveva includere non solo l’aspetto emotivo, ma anche quello genitale. Una relazione simile a quella tra uomo e donna. Pensavo che le mie emozioni fossero la cosa più importante, confondevo desideri e bisogni. Soprattutto capivo di aver bisogno di aiuto.
Credevo in Dio, ma non ne vedevo l’azione nella mia vita. A quel tempo facevo avanti e indietro col confessionale come fosse una lavanderia a gettoni. Finché un sacerdote mi pose un aut aut: o cambi stile di vita, o non posso darti l’assoluzione. Fu la molla decisiva: cercai aiuto, senza trovarlo in Italia. Allora scrissi a Courage, negli Usa, dopo averne letto in un libro. Mi sembrava una proposta coerente con l’insegnamento della Chiesa.
Mi contattò un sacerdote a Roma. Con lui cominciai un percorso che mi ha portato a una nuova comprensione e accettazione di me stesso. Ho riscoperto la dimensione dell’amicizia e del dono di sé attraverso il servizio. Un periodo di volontariato con persone portatrici di handicap fisico e mentale mi è stato utile per comprendere la dignità della persona umana. Adesso cerco di vivere in castità con l’aiuto della grazia di Dio.
Vive da solo?
Sì, e non cerco relazioni di tipo romantico o sessuale. Vivo da solo, ma non sono solo. L’essere umano si realizza nell’amore e quindi nella relazione. Ma le relazioni vive, autentiche e nutrienti sono fondate sulla libertà che nasce dal rispetto dell’alterità. L’attrazione sessuale è un elemento importante, ma non definisce chi è la persona. La prima forma di solitudine che le persone sentono, specialmente quelle con Ass, è legata a un difetto nel loro rapporto con Dio, con sé stessi e con gli altri. Il difetto consiste nel non accettare la propria realtà, con la fragilità e i limiti che comporta.
Le persone con Ass devono accettare, come tutti, i propri limiti?
Tutti siamo chiamati ad accettare la nostra realtà per quella che è. Accettare i propri limiti e la propria fragilità significa rispondere al dono che Dio ci ha fatto, anche nella sessualità. Naturalmente è un’accettazione critica. Se ho una tendenza sessuale incoerente con la mia costituzione biologica, non rivendicherò questa tendenza come qualcosa di positivo, ma non farò neanche finta che non esista. È una prova davanti a cui il Signore mi pone; mi chiede una risposta coerente con il suo progetto su di me. Il rapporto di vero amore tra due persone con Ass è l’amicizia.
Quindi per Courage l’Ass non è una malattia, né un peccato, né una dipendenza, ma una tendenza che può essere controllata, perché la felicità passa dall’armonia tra la propria sessualità biologica e il proprio stile di vita?
Sì. Il comportamento omosessuale è contrastante con l’insegnamento della Chiesa in quanto contrario al bene della persona. L’attività genitale utilizzata fuori del contesto per cui è stata creata può divenire infatti una forza autodistruttiva: nella mentalità moderna c’è un profondo inganno, una promessa che non viene mantenuta. Tutti abbiamo bisogno di amare ed essere amati, ne abbiamo diritto, vogliamo la felicità, ma questa non si realizza in maniera contraria alla nostra identità.
È una proposta minoritaria nella società di oggi, e comunque rivolta solo a persone omosessuali cattoliche…
Non credo sia una posizione di minoranza. È basata, credo, sulla legge naturale, che è scritta nel cuore di tutti, anche di chi non la riconosce. Non accettano questa posizione soprattutto alcune organizzazioni che pretendono di rappresentare la totalità delle persone che vivono questa condizione, ma che, numeri alla mano, sono minoritarie. E comunque il nostro rapporto è con le persone, non con le ideologie. Infatti fanno parte dei nostri gruppi anche ebrei, musulmani e non credenti. Non hanno problemi perché è chiaro fin da subito qual è la natura del gruppo, rispettoso della legge naturale.
Quante persone seguite in italia?
Nella città di Roma, in cui siamo presenti da poco, abbiamo avuto finora alcune centinaia di contatti. Bisogna superare lo stereotipo diffuso dai media che vorrebbe le persone con Ass felici solo in una coppia gay. Questo non corrisponde alla realtà che incontriamo nelle persone. È un tentativo di ridurre la pluralità di esigenze diverse a modelli utili per la propaganda politica, ma inefficaci per comprendere le persone e aiutarle a realizzarsi. Anche la percentuale di unioni civili tra persone con Ass è molto modesta rispetto al totale della popolazione omosessuale, quindi forse non è una priorità, anche se resta segno di un bisogno di amore e di un desiderio di infinito a cui occorre dare una risposta.
Gay si nasce?
No. Non c’è alcuna evidenza scientifica di questo. Non sappiamo quale sia la causa, al massimo si può parlare di predisposizione. La scienza afferma che dipende da una pluralità di fattori che si combinano tra loro producendo forme diverse di omosessualità. Per questo è così difficile parlare di questo fenomeno complesso.
L’articolo de l’Espresso vi accusava di “curare” le persone omosessuali…
Assolutamente no. I nostri gruppi offrono solo un supporto spirituale a persone che si aiutano reciprocamente. Non c’è lo psicologo e l’attività del gruppo non è terapeutica. Questo viene chiarito fin dall’inizio. Per la Chiesa cattolica la condizione omosessuale non è una patologia. Ma non si può negare che ci sia una relazione tra condizione omosessuale e sofferenza psicologica. Le associazioni gay sostengono che sia causata dall’omofobia (interiorizzata) della società. Il dato scientifico suggerisce che una sofferenza psicologica può essere terreno fertile per lo sviluppo di una inclinazione omosessuale e che il comportamento omosessuale può a sua volta indurre una sofferenza psicologica. Ne parla anche uno psichiatra omosessuale militante come Mattia Morretta, nel suo libro Che colpa abbiamo noi. Un supporto terapeutico coerente con l’immagine dell’uomo che ha la Chiesa, può quindi essere utile, a volte. Courage, comunque, non fornisce questo servizio.
Chi vuole avvicinarsi a voi passa dalle parrocchie o vi contatta online…
Sì. Courage è l’espressione tangibile della sollecitudine pastorale della Chiesa nei confronti delle persone con Ass. Ogni vescovo può costituire il servizio nella sua diocesi, nominando i sacerdoti che seguono i vari gruppi. A volte sono le stesse persone con Ass che chiedono al vescovo di attivare il servizio. La partecipazione è gratuita e anonima, mentre la diocesi copre le spese di gestione. Chi ci cerca sono soprattutto giovani dai 18 ai 35 anni. Ogni gruppo è composto da un sacerdote e tanti laici con Ass, e funziona sul modello di autoaiuto degli alcolisti anonimi. Quando possibile i gruppi sono distinti in base al sesso, ma abbiamo anche gruppi misti dove si verificano dinamiche positive di crescita nella comprensione della differenza sessuale.
Fate qualcosa per i genitori?
Abbiamo programmi diversi, sia per i laici che per i consacrati con Ass. E anche per i loro familiari. C’è speranza per tutti. Ho visto vite trasformate nel momento in cui si affidano all’azione della grazia. Per i genitori il messaggio è che non devono sentirsi colpevoli, in quanto nessuno sa con certezza cosa provochi lo sviluppo dell’omosessualità. Devono accettare la condizione del figlio e dimostrare concretamente che gli vogliono bene, anche se non ne approvano la condotta.
Cos’è il progetto “Coming home”?
È una proposta controcorrente. Le associazioni gay spingono a fare coming out, cioè a identificarsi con una falsa identità gay, riducendo la persona alle sue emozioni. Ma una persona “ha” un’emozione, non “è” una emozione. Noi proponiamo a chi vive in questa condizione, e si pone interrogativi, di cercare le risposte nella loro vera casa, la Chiesa. Quindi tornate a casa. Tornate alla Chiesa. Coming home.
«Ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto». Amoris laetitia
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Chiesa e omosessualità
Per riflettere sulla “frontiera esistenziale” di chi vive la condizione omosessuale da credente, dal 15 al 17 aprile 2016 ad Albano si è svolto il Forum dei cristiani Lgbt. Argomenti trattati: legge naturale, formazione delle coscienze, accompagnamento spirituale, progetti pastorali. Alcuni partecipanti hanno anche incontrato il vescovo diocesano, Marcello Semeraro.