Omma. Alle origini della danza per ritrovare l’uomo
Il titolo Omma deriva dalla radice greca di occhio, ma significa anche “ciò che si vede o si guarda”. E ciò che noi guardiamo e vediamo è l’origine della danza. Quella al principio dell’umanità. Quella, risultato di influenze, incroci, scambi, contaminazioni. Che arrivano all’oggi. Gli 8 magnifici danzatori provengono da 6 paesi dell’Africa − Mali, Senegal, Costa d’Avorio, Burkina Faso, Congo Brazzaville e Repubblica Democratica del Congo −. A riunirli in comunità e guidarli nel far emergere la loro specificità in un viaggio di fascinante malìa, è Josef Nadj, coreografo, performer, artista visivo e fotografo di origine ungherese e francese d’adozione, approdato oggi ad una nuova svolta artistica, dopo aver esplorato nel suo teatrodanza, per 40anni, tanta letteratura e arte mitteleuropea. Ricercare ora un nuovo senso della danza – come ha dichiarato nell’incontro col pubblico dopo lo spettacolo all’Arena del Sole di Bologna − recuperando la memoria del corpo, per «ritrovare l’uomo, risentire il bambino nella sua semplicità, nella sua voglia di esprimersi».
Nadj ha trovato il motivo in un “altrove” geografico e umano, nell’incontro con i danzatori africani, nel ritmo primordiale generato dalla loro unicità e diversità di persone. Arrivano dal fondo del palcoscenico procedendo in fila indiana, quasi marciando. Pantaloni e giacca grigia sul petto nudo. Si dispongono allineati frontalmente. In scena si compongono e scompongono dettando il ritmo con il respirare e inspirare, insieme al battito del cuore che detta i movimenti; con l’ondeggiare e saltare, roteando, piegandosi, creando posture scultoree, disponendosi in formazioni libere e geometriche, all’unisono, in assoli, o in gruppi; con le parole e le vocalità che si trasmettono l’un l’altro; con il battito dei piedi e con le braccia in più direzioni segnando l’aria. Il paesaggio musicale di Omma pulsa di sonorità afro, jazz, rap, accendendo la scena di gioia e furore, di libertà e concordanza, di una danza che esula dal rito o dalle leggende, per farsi espressione dello spirito di una collettività. E quel filo rosso che nel finale unisce due bocche, esprime forse quel legame senza soluzione di continuità, spirito universale di fratellanza senza barriere.
A Bologna, Teatro Arena del Sole, nell’ambito della rassegna di danza CARNE – focus di drammaturgia fisica di Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale.
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