“Ombra mai più” al Premio Strega, intervista all’autore

Stefano Redaelli è candidato al Premio Strega con il suo romanzo “Ombra mai più”, edito da Neo edizioni. Collaboratore di Città Nuova e docente di letteratura italiana presso la Facoltà di “Artes Liberales” dell'Università di Varsavia, racconta il dolore di vivere e il ritorno al mondo, dopo un periodo di cure psichiatriche.

Alla domanda «Se incontrassi una persona che vive tuttora questo dolore dello stare al mondo, cosa gli diresti?», Stefano Redaelli risponde: «Conscio dell’impotenza delle mie parole, gli direi che non è sola, che quel dolore che sente è nella vita di tanti e non bisogna aver paura di parlarne, di cercare aiuto, anche medico se necessario. Questo dolore è umano, e proprio perché siamo uomini, sensibili e fragili, che soffriamo». A Ombra mai più, racconta l’autore, tiene forse ancora di più del suo precedente romanzo Beati gli inquieti. È un’evoluzione, in cui crea un finale per la storia di Angelantonio, il protagonista che per tre lunghi anni rimane all’interno di una clinica psichiatrica, fino a quando non arriva il momento di uscirne. Il legame con quel mondo è però molto forte, forse dei residui di quel dolore dello “stare al mondo” sono ancora presenti da qualche parte nel suo animo.

Ombra mai più

Entro il 30 marzo si saprà se il romanzo sarà selezionato tra i 12 finalisti del più importante premio letterario italiano. Inoltre, Ombra mai più è anche stato selezionato per il Premio Campiello. Insomma, un grande successo inaspettato dall’autore, che comunque coltivava la speranza che il suo lavoro sarebbe stato letto e conosciuto da molti, perché tocca temi delicati come la cura e il ritorno nel mondo dopo un periodo di ricovero psichiatrico.

Il romanzo è stato presentato al Comitato Direttivo del Premio Strega da Daniele Mencarelli, vincitore dell’edizione giovani 2020. Stefano Redaelli racconta di averlo conosciuto tempo fa, quando lo aveva invitato a una serie di seminari all’Università Gabriele D’Annunzio di Chieti, dopo aver letto il suo romanzo vincitore Tutto chiede salvezza. Il testo, dopo il Premio Strega, ha ottenuto molto successo ed è diventato una serie Netflix.

Ma come viene presentato un libro allo Strega? Per i curiosi, l’autore racconta di questo gruppo di persone di spicco negli ambienti della cultura e dello spettacolo, chiamato “Gli amici della domenica”. Sono loro che propongono al Comitato Direttivo i romanzi concorrenti. La particolare denominazione deriva da come venivano definiti i componenti della giuria dal gruppo che si riuniva di domenica pomeriggio in casa di Goffredo e Maria Bellonci, intellettuali e fondatori dello Strega. Agli inizi la giuria era composta da 170 “Amici”, che nel tempo sono aumentati superando i 400.

Cosa significa essere lo scrittore di un romanzo che acquisisce popolarità così velocemente? Sicuramente Stefano Redaelli riscontra molta più attenzione, mediatica e non, e la vive con piacere. Non è tanto l’interesse fine a sé stesso a renderlo felice, ma il fatto che questi riflettori guideranno il libro verso più persone possibili, che potranno accoglierne il messaggio. L’obiettivo principale per l’autore è infatti proprio questo.

Nonostante la storia sia molto realistica, il romanzo è di pura finzione, con alcuni riferimenti ad esperienze personali, opportunamente romanzate. Un esempio è quando Angelantonio ritorna a casa e deve prendersi cura dei genitori ormai anziani e malati; quindi, lo stare accanto a chi soffre e la necessità di accettare questi cambiamenti nella propria vita.

Il romanzo rientra nella tendenza della narrativa contemporanea di raccontare la malattia, in questo caso il disagio mentale. Ha un nome specifico: “patografia”. A parte Mencarelli, nel panorama italiano ci sono molti autori che rientrano in questo genere con i loro libri, Stefano Redaelli ne nomina alcuni come Simona Vinci, Andrea Pomella, Alice Banfi. Stili diversi, ma stessa attenzione al disagio fisico e mentale.

Ci vuole coraggio per scrivere libri di questo genere, spiega l’autore, perché c’è uno stigma sociale su questi temi. Parlarne aiuta a liberare la voce di molti, anche sul passato, sugli internamenti, sui reparti di psichiatria prebasagliani. L’autore ricorda la Legge Basaglia del 1978, prima e unica nel suo genere a livello mondiale, che impose la chiusura dei manicomi e regolamentò il trattamento sanitario obbligatorio, istituendo i servizi di igiene mentale pubblici. Il dolore del vivere, anche nelle sue declinazioni psicopatologiche, afferma Redaelli, è un disagio concreto che ha radici molto profonde nell’animo umano. Ignorarlo, stigmatizzarlo, escluderlo, lo rende ancora più difficile di quanto già non sia.

Insomma, la letteratura è un accesso a mondi sconosciuti e Ombra mai più è una di queste porte.

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