Oltre ogni convenzione

Dialogo tra un sacerdote e un ateo nel libro per Città nuova di don Paolo Zago Prete in comunità. Intervista all'autore
Prete in comunità

Una mail inaspettata nella casella di posta da parte di un amico d’infanzia, Nic, affermato fisico e "ateo praticante".

Un amo lanciato nel mare informatico e quel sacerdote che risponde, anche alla provocazione contenuta in quella sorta "s.o.s.", senza batter ciglio. Così si apre la strada al confronto, interrogando  – il prete in questione – sul mondo sacerdotale con incalzante verità; anche riguardo la propria scelta e portandolo ad una condivisione sempre più piena del «suo mondo». Diversità di vedute sostanziali  e piccoli diverbi accendono il dibattito che si fa sempre più sostenuto su temi di attualità o di interesse per l’opinione pubblica: il celibato, il Vaticano, l’8 per mille, i preti pedofili.

 

Protagonista di questo libretto della collana Passaparola  – dal titolo Prete in comunità – è don Paolo Zago, prevosto dal 2010 presso la parrocchia di san Protaso di Milano e rettore del liceo Montini. Titolo che ben si argomenta  perché nella storia, il sacerdote non solo interloquisce con il suo amico ateo, ma per trovare spunti o riflessioni, si confronta anche con altri sacerdoti o con la sua comunità.

 

Un assaggio di quel «cortile dei gentili» – termine con cui papa Ratzinger nel dicembre 2010 aveva invitato la Chiesa ad aprire uno spazio ideale di dialogo per chi non considera la religione «una cosa estranea» –, e che sta ad indicare quell’area esterna al tempio ebraico in cui credenti e non (i gentili appunto) potevano argomentare sulla fede e la religione. Ed è ad don Paolo Zago, l’autore di Prete in comunità, che abbiamo rivolto alcune domande.

  

Le domande di Nic, il suo interlocutore, a volte si fondano sul comune “sentito dire" a proposito dei preti, altre volte sono vere e proprie riflessioni che aprono più ampi scenari su un mondo poco conosciuto…

 

«È vero. Spesso il mondo “clericale” non è molto conosciuto. Neppure da coloro che ci vivono accanto. In taluni permane quasi la sensazione che i preti siano come degli angeli, distanti dal mondo; per altri come una casta disincarnata dalle fatiche della realtà. In entrambi i casi ciò che manca è una reale percezione della dimensione umana e credente del prete. E la causa di ciò, credo, è anche da ricercare in un certo nostro stile, non sempre capace di comunicare in modo corretto con la gente del nostro tempo. Per certi aspetti, pur nella sua semplicità, questo libretto ha la pretesa di aprire una finestra su questo “mondo a parte”»

 

Nel libro si interroga se a volte ha «osato troppo nel dialogo o  troppo poco». Un sacerdote di oggi deve parlare, raccontare e condividere le proprie scelte di fronte alla comunità?

 

«Credo sia fondamentale. Ma non sempre è possibile. Sia perché le persone che si accostano a noi il più delle volte lo fanno per essere ascoltate più che per ascoltare. Sia perché noi stessi comunichiamo poco di noi. Da un lato, infatti, siamo più portati a “parlare” di Dio o di altro piuttosto che di noi stessi (vuoi per timore, vuoi per prudenza , vuoi per incapacità a trovare le giuste parole); dall’altro non sempre si trovano persone capaci di ascoltare senza giudicare, aperte e disponibili ad un rapporto libero, in cui “vivere l’altro” in maniera semplice ed autentica»

 

Ci può svelare chi è Nic? 

 

«Nic è l’insieme di più persone che ho incontrato e che incontro. Le parole e i dialoghi sono tutti reali, anche se appartengono a più persone. Mi è piaciuto condensarle tutte in un’unica figura (Nic) che in qualche modo richiama il personaggio evangelico di Nicodemo. Credo sia fondamentale, per noi preti, poetr avere rapporti di dialogo e amicizia anche con persone di diverse convinzioni: allarga il cuore e ci costringe ad essere meno dogmatici e capaci di annunciare la Verità di Cristo all’interno di un reciproco ascolto. A volte, come diceva Sartre “saper ascoltare le domande degli uomini è più importante che saper dare le risposte”».

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