Oltre le apparenze
La mia passione per il pugilato è nata per caso. Un amico di famiglia faceva l’allenatore e mi ha portato a vedere un incontro. Visto che ero un po’ sovrappeso e dovevo fare del movimento, ho deciso di andare in palestra, ma senza alcuna intenzione di fare dell’agonismo. Poi, nel frequentare giorno dopo giorno quell’ambiente, ho cominciato a sentirmi sempre più attratto dal fascino di questo sport. Così, dopo tre anni di preparazione, a 14 anni ho fatto le mie prime gare, ho subito ottenuto dei successi e da lì non ho più smesso. Roberto Cammarelle, il gigante buono del pugilato italiano (190 cm per oltre 100 chili), ha iniziato così, naturalmente. No, la sua non è stata un’infanzia difficile. Roberto non ce l’aveva con il mondo, non era un bambino aggressivo, non aveva una vita… da prendere a pugni. Era unicamente un bambino come tanti altri, con i suoi sogni e le sue paure. Purtroppo il mio sport si porta dietro un’immagine sbagliata. A volte i media danno troppo risalto a personaggi che risultano degli esempi negativi per i giovani e così si finisce per generalizzare. Tanti pensano che chi fa del pugilato sia necessariamente un violento, sia quello che nella vita di tutti i giorni è il primo ad alzare le mani, un ignorante. Ed è un vero peccato perché invece, avvicinandosi a questo sport, impari che c’è ben altro che prendersi soltanto a pugni. Numerosi titoli italiani, medaglie ai campionati europei e mondiali, una lunga serie di affermazioni di prestigio tra cui spicca il bronzo conquistato ad Atene 2004, una esperienza indescrivibile! . L’amore di Roberto per il pugilato traspare chiaramente in tutto ciò che dice, nel modo in cui ci racconta come questa disciplina lo ha aiutato a sviluppare una particolare capacità di reagire alle difficoltà, a superare i contrattempi che possono capitare nello sport come nella vita e di come lo ha maturato presto obbligandolo, ancora giovane, a dover fare delle scelte importanti. Difficoltà. Come ad esempio quelle di tipo fisico. A cominciare dal duplice intervento di ernia del disco a cui si è dovuto sottoporre una prima volta nel 1998 e poi nuovamente nel 2003 facendomi pensare ad un possibile ritiro, ma da cui sono venuto fuori anche grazie ai consigli ed al sostegno della mia famiglia. Possibili contrattempi. Come ad esempio quelli legati all’aver scelto di praticare una disciplina in cui il verdetto è spesso nelle mani di giudici non preparati o in malafede che rischiano di far andare in fumo anni di allenamento, impegno e sacrifici. Perdere a causa di valutazioni errate non è certo bello, ma vinta l’amarezza del momento vai avanti perché la passione è tanta e comunque credi sempre che alla fine dipende essenzialmente da te, devi essere tu più forte di tutto, anche di questi incidenti di percorso. Scelte importanti. Come ad esempio quella di rinunciare ad un eventuale passaggio tra i professionisti (ed a possibili sontuosi ingaggi…) pur di continuare ad inseguire il sogno di una vita e, nello stesso tempo, a cominciare a costruire qualcosa di importante per il futuro oltre lo sport. Essere arrivato così vicino alla conquista dell’oro olimpico mi ha fatto capire che quello è veramente il mio sogno. D’altra parte il professionismo non mi attira più di tanto. Si è sempre alla ricerca del colpo risolutore mentre nel dilettantismo cerchi di colpire in maniera diversa, si pensa più a difendersi che ad attaccare, si utilizza maggiormente la tecnica, la testa, e si combatte in modo più vicino a come intendo io il pugilato. E poi avrei dovuto lasciare le Fiamme Oro (il gruppo sportivo della Polizia) e non mi è sembrata la scelta giusta. Grazie a loro posso allenarmi serenamente sapendo che poi avrò un lavoro garantito per il futuro. Così Roberto cerca di trasferire nella vita di tutti giorni l’esperienza accumulata in palestra. Questo sport ti cambia radicalmente la vita, nel senso che ti educa al rispetto delle regole e dell’avversario, ti fa comprendere i tuoi limiti, ti insegna a rapportarti con gli altri, ti infonde particolari doti di autocontrollo e di coraggio. Insomma, è ciò che si può definire una vera e propria palestra di vita. Cammarelle è ormai da qualche anno il leader del gruppo azzurro e sarà il capitano della squadra italiana impegnata a Chicago, tra fine ottobre ed inizio novembre, per i campionati del mondo, prima occasione per qualificarsi ai Giochi di Pechino 2008. La prospettiva mia personale e di tutta la squadra è di fare il massimo. Certo, molte delle nostre possibilità di qualificarci per le Olimpiadi dipenderanno anche dal sorteggio (nella boxe non esistono teste di serie), perché il rischio è quello di incontrare gli avversari più forti già nei primi turni e di uscire subito dal torneo. Eventualmente, sarà un ostacolo in più da superare…. Se non andrà bene, Roberto ed i suoi compagni avranno poi altre due opportunità per staccare il biglietto per Pechino. E una di queste sarà proprio in Italia, a Roseto degli Abruzzi. Un’occasione per andare a vedere da vicino questi ragazzi e magari scoprire di persona che il pugilato, soprattutto tra i dilettanti, e anche altro, ben altro che prendersi soltanto a pugni.