Oltre la paura
Sono 11 milioni i musulmani presenti nel Vecchio continente: una sfida importante per la politica e per le chiese.
11 milioni di musulmani in Europa . La presenza dell’Islam tra noi è diventata ormai una realtà che è entrata a far parte della nostra vita, delle nostre città, delle nostre famiglie. Una presenza che in qualche modo chiama anche in causa diocesi e parrocchie. Per questo motivo il Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa ha chiamato a Torino 30 delegati europei responsabili per i rapporti con i musulmani per fare il punto – anche con l’aiuto di esperti – sulla situazione e sui rapporti tra la Chiesa cattolica e i musulmani in Europa. “Si sono cioè sviluppate delle esperienze nelle Conferenze episcopali – ha spiegato mons. Duarte da Cunha, segretario generale del Ccee, ai giornalisti – dalle quali emergono difficoltà e successi che vogliamo conoscere, condividere per verificare linee comuni”.
Per due giorni a Torino i delegati delle Chiese hanno parlato del rapporto tra “Chiesa-Stato e Islam in Europa” e si sono confrontati anche su un tema particolarmente preoccupante e cioè “la crescita dell’islamofobia” ovvero “la paura dell’Islam” che evidentemente si registra non solo nella società ma anche all’interno delle comunità cristiane. “Questi sentimenti di rifiuto – ha spiegato il cardinale francese di Bordeaux Jean-Pierre Ricard – sono legati ad una serie di ragioni complesse: il terrorismo internazionale, la situazione delle minoranze cristiane in alcuni paesi musulmani, una maggiore visibilità sociale dei musulmani in Europa”. Ciò che preoccupa però è soprattutto quel “vento di populismo” che ha caratterizzato le ultime tornate elettorali in Europa, accompagnandosi spesso – ha fatto notare l’arcivescovo francese – ad “un movimento di rigetto che unisce tra loro e inestricabilmente rifiuto della immigrazione e rifiuto dell’Islam. Questo atteggiamento può anche riscontrarsi nelle comunità cristiane”. E ciò necessita di essere “essere attentamente analizzato”.
A confermare il clima emotivo descritto dal cardinale di Bordeaux è stato anche l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia che nel salutare i delegati europei ha invitato i presenti a “stornare per un momento l’attenzione dalle ideologie dei movimenti o dei partiti che, nei diversi paesi europei, usano l’islamofobia come il reagente della loro riuscita elettorale per affrontare “il non facile compito di pensare, o ri-pensare, il quadro legislativo di convivenza pacifica delle religioni nei diversi paesi dell’UE”. Da una parte, la società è chiamata a “stabilire una buona, pacifica, rispettosa convivenza delle culture senza scadere in un astorico, anonimo, illusorio relativismo”; dall’altra – ha proseguito Nosiglia – la politica è “chiamata a legiferare con profilo alto di sintesi fra tradizione e novità, memoria e accoglienza”.
Che la questione sia spesso causa di conflitto, lo ha dimostrato recentemente il dibattito che si è aperto a Milano durante la campagna elettorale sulla moschea. A Torino si contano 11 sale di preghiera e di culto islamici. 50 in tutta la Regione Piemonte. Parlandone a margine dell’incontro con i giornalisti, l’arcivescovo Nosiglia ha detto:“E’ una questione che può essere affrontata con serenità, nel dialogo, in spirito di accoglienza superando da un lato l’ingenuità e dall’altro anche il pregiudizio. Credo che le autorità possano trovare le vie ma con una certa gradualità, cercando di coinvolgere in questi progetti anche la gente”. «Credo che la libertà religiosa – ha detto mons. Nosiglia – esige che ogni comunità possa avere dei luoghi di culto adeguati alle sue necessità. Rendere dignitosi e accoglienti questi luoghi è un diritto fondamentale. Il passaggio alla moschea, credo sia un pochino più delicato».
Nonostante le difficoltà, pervade nelle stanze del centro di spiritualità dove si sta svolgendo l’incontro del Ccee la consapevolezza che l’Europa può rappresentare per i musulmani “una grande occasione” e quindi una “grande sfida”: quella – ha detto il teologo don Andrea Pacini – di «sviluppare una teologia della inculturazione che implica da una parte la fedeltà ai fondamentali valori del credo, del culto e della preghiera islamici e dall’altra la capacità di farsi accompagnare da comportamenti e stili di vita, mettendosi in dialogo con la società europea”. Si tratta – ha concluso don Pacini – di un processo necessario perché l’Islam possa aprirsi e inserirsi in Europa dal suo interno”. Un processo che la Chiesa segue con “molto interesse».