Oltre la paura dell’altro
“Percorsi comuni per la fratellanza”: seicento cristiani e musulmani d’Italia insieme a Loppiano.
Nel clima di una pericolosa e sempre più reale erosione di valori condivisi che l’Italia da tempo respira, ha fatto un certo effetto sentir parlare per un’intera giornata della promozione di una corresponsabilità sociale, frutto di una cittadinanza attiva che veda tutti impegnati in prima persona e come comunità. L’aspetto più sorprendente sta nel fatto che ad aver auspicato tutto questo, circa seicento persone, siano stati cristiani e musulmani. Insieme.
La giornata del 31 ottobre nella cittadella di Loppiano, nel Valdarno fiorentino, aveva un titolo motivante: “Percorsi comuni per la fratellanza”. L’accento era posto sull’impegno comune, pur nella diversità religiosa, culturale ed etnica. Fratellanza nella diversità, la ricetta che è emersa come antidoto a quella “paura del diverso”, che paralizza i rapporti e che genera reazioni incontrollate ed instabilità sociale.
«Momenti come questi sono fondamentali per sviluppare una coscienza condivisa di ciò che insieme si può fare. Spesso basta la conoscenza reciproca per superare le istintive diffidenze verso l’altro perché l’altro è sempre – e prima di tutto – un uomo come noi», ha scritto il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, nel suo messaggio augurale.
Un momento così, con partecipanti provenienti da diverse parti d’Italia – Trentino, Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia e Romagna, Lazio, Abruzzo e Toscana – non s’improvvisa. Infatti, «attendevamo questo giorno da anni – ha esordito Shahrazad Houshmand, che, con l’imam Kamel Layachi delle Comunità islamiche del Veneto e Luisa Gennaro e Mario Ciabattini del Movimento dei focolari, ha aperto la giornata. «Musulmani e cristiani, possiamo costruire insieme il presente e il futuro del Paese. L’Italia ha bisogno di una luce di speranza. Vogliamo contribuire ad alimentarla». Identità precise, quindi: cristiani e musulmani, senza sconti. Ma tutti con la chiara coscienza di essere cittadini di questo Paese, come ha sottolineato l’imam della Toscana, Izzidin Elzir, motivando i presenti a «sentirsi parte del tessuto culturale, civile ed economico dell’Italia. È questo che costringe ad una maggiore responsabilità».
Si sono percorsi i vent’anni d’impegno al dialogo che hanno portato alla giornata di Loppiano, alternando riflessioni spirituali sul Corano e sul Vangelo, pezzi artistici, una tavola rotonda sulla necessità religiosa del dialogo, ma anche sulle sue difficoltà e possibili soluzioni. E, ancora, hanno fatto il loro effetto esperienze di vita vissuta da comunità sul territorio, a Verona, Teramo, Reggio Emilia e Firenze.
Spiritualmente motivanti sono state le immagini e la voce di Chiara Lubich, che, in un intervento del novembre 2000 a Washington, parlando a migliaia di persone presenti ad una convention proposta dall’imam WD Mohammad, aveva incoraggiato a «continuare tutti insieme la pacifica marcia verso l’unità, per fare del terzo millennio non un’interminabile serie di guerre, ma per comporre in unità le genti». L’idea dell’unità della grande famiglia umana da costruire attraverso la fraternità è tornata più volte negli interventi, nelle esperienze di vita vissuta e nelle riflessioni spirituali.
Tuttavia, come detto, quella di Loppiano non è stata una semplice giornata di riflessione spirituale, perché ha offerto un vero modello sostenibile di interazione ed integrazione locale fra seguaci di fedi e figli di culture e di etnie diverse. Lo hanno dimostrato le testimonianze portate dai gruppi di Verona e Padova, Teramo e Firenze. Modelli non chiusi sul proprio territorio, ma proiettati a livello nazionale: «Se le nostre comunità potessero vedere e toccare quanto sta succedendo oggi qui, sarebbero invitate a riflettere su quanto stiamo vivendo in Italia», aveva commentato ancora in mattinata il sindaco di Rocca di Papa, presidente dell’associazione “Città per la fraternità”.
«Che il dialogo interreligioso, soprattutto tra cattolicesimo e Islam possa aprire strade di pace nell’incontro tra i popoli e nel dialogo tra le civiltà»: era stato questo l’augurio di mons. Mansueto Bianchi, vescovo di Pistoia, delegato Cei per il dialogo ecumenico ed interreligioso. Per i presenti quelle strade di pace sono state una realtà. Un momento prezioso di riflessione e di rinnovato impegno per costruire un volto nuovo dell’Italia di inizio millennio, un Paese, chiamato per tradizione millenaria, a riscoprire oggi l’essere ponte e spazio d’incontro fra civiltà.