Olimpiadi: cosa resta di Tokyo 2020 (2)
N come Novantatré. Il numero delle Nazioni che in questi Giochi hanno vinto almeno una medaglia. Un numero in continua crescita, a testimonianza della sempre maggiore globalizzazione dello sport. Per la prima volta, nel medagliere a cinque cerchi, fanno la loro apparizione il Burkina Faso, il Turkmenistan e San Marino. Il terzo Stato più piccolo d’Europa, 61 chilometri e 33.000 abitanti in tutto, con una spedizione olimpica formata da soli cinque atleti, di medaglie ne ha vinte addirittura tre.
O come Ori inediti. C’è chi è entrato per la prima volta nel medagliere olimpico, e chi invece, per la prima volta, ha vinto una medaglia d’oro. È il caso delle Filippine, una nazione con oltre 110 milioni di abitanti, che ai Giochi non aveva però mai visto un suo rappresentante salire sul gradino più alto del podio. A riuscire nell’impresa, regalando una gioia infinita a tutti gli abitanti di questo Stato del sud-est asiatico, è stata una donna, la trentenne sollevatrice di pesi Hidilyn Diaz.
P come Paltrinieri. La Mononucleosi lo ha colpito un mese prima delle Olimpiadi. Proprio a lui, un campionissimo che nelle condizioni migliori avrebbe potuto puntare a vincere anche tre medaglie d’oro tra nuoto in piscina e in acque libere. Alla fine, Greg si è dovuto accontentare (si fa per dire) di un argento e di un bronzo. Medaglie ottenute con una forza di volontà fuori dal comune, conquistate dovendo combattere con un fisico debilitato, e con i dubbi che la malattia aveva insinuato nella sua mente.
Q come Quaranta. Le nostre medaglie. Dieci d’oro, dieci d’argento e venti di bronzo. Almeno una per ogni giornata di gare. Battuto il record delle 36 medaglie azzurre di Los Angeles 1932 e Roma 1960. Vittorie ottenute in 19 diverse discipline. Risultati che permettono ancora una volta al nostro Paese di confermarsi nella top ten mondiale dello sport. Quaranta, un miglioramento “stratosferico” se pensate che nelle due precedenti edizioni di Londra 2012 e Rio 2016 ci eravamo fermati a quota 28.
R come ROC. Quante volte abbiamo visto in questi giorni questa “strana” sigla, che non richiama a nessun Paese del pianeta? La Russia a questi Giochi ha rischiato di non partecipare. Poi, è stato trovato un “compromesso”: niente nome, niente bandiera, né tantomeno l’inno nazionale in caso di vittoria. Così, nelle 20 volte in cui gli atleti russi hanno conquistato una medaglia d’oro, accanto ai loro nomi è apparsa appunto la scritta ROC, ovvero “Russian Olympic Commitee”.
S come Stress da Giochi. Sono diversi i campionissimi che in queste Olimpiadi hanno dimostrato che nello sport non c’è nulla di scontato. Uno su tutti? Novak Djokovic. Lui, il tennista numero uno del mondo, quest’anno sembrava quasi imbattibile. Invece, è stato battuto in semifinale dal tedesco Zverev per poi essere sconfitto anche nell’incontro per la medaglia di bronzo. Purtroppo, i Giochi vengono solo una volta ogni quattro anni, e anche i grandi favoriti subiscono la pressione del possibile “flop”.
T come Tenacia. Nella vita, e nello sport, non bisogna mai arrendersi. Prima o poi, verrà anche il nostro momento. Gianmarco Tamberi a Londra nel 2012 non andò bene, ma era solo un ragazzino. Quattro anni dopo, era dato tra i favoriti di Rio 2016. Sembrava davvero giunto il suo momento, ma a quelle Olimpiadi Gimbo non ci andò affatto. Un infortunio a pochi giorni dai Giochi spezzò i suoi sogni di gloria. A Tokyo, il nostro atleta ha saputo regolare i conti col passato, aggiudicandosi un oro indimenticabile.
U come Uncinetto. Un’immagine che ha fatto il giro del mondo via social. Un atleta sugli spalti che lavora all’uncinetto. Parliamo del britannico Thomas Daley. che a Tokyo, oltre ad aggiudicarsi una medaglia d’oro ed una di bronzo, si è dedicato ad uno dei suoi passatempi preferiti. Il ricavato dei suoi lavori viene da lui devoluto a diverse comunità o enti di beneficenza, come il “The Brain Tumour Charity”, che si occupa della raccolta di fondi per la cura dei tumori cerebrali, la malattia che nel 2011 uccise suo padre.
V come Vittoria “straordinaria”. In molti l’hanno definita come la gara simbolo di questi Giochi. Alcuni, l’hanno paragonata addirittura, per il risultato conseguito dal vincitore, al mitico salto di Bob Beamon di Città del Messico 1968, quell’8.90 entrato nella storia dell’atletica. A Tokyo, nei 400 metri ostacoli maschili, il norvegese Karsten Warholm ha vinto in 45”94 migliorando ancora il record del mondo precedente, da lui stesso stabilito ad Oslo il primo luglio scorso (un record che durava dal lontano 1992).
Z come Zero. Il numero delle medaglie conquistate dall’Italia negli sport a squadra. La nazionale di Softball battuta in cinque incontri su cinque. La pallavolo sconfitta ai quarti di finale sia in campo maschile (per la prima volta fuori dalle semifinali dal 1992) che al femminile. Fuori, sempre ai quarti, anche le nazionali maschili di pallanuoto e di pallacanestro. Probabilmente, la delusione maggiore per l’Italia in questi Giochi che, comunque, rimarranno nella memoria di tutti gli appassionati di sport.