Occhi puntati sulla Russia

Una rassegna stampa internazionale sull'uccisione di Boris Nemcov, uno dei leader dell'opposizione a Putin ucciso venerdì scorso a Mosca
Nemcov

«So che possono uccidermi»: così la Novaja Gazeta, giornale russo vicino all'opposizione e celebre per essere la testata in cui lavorava Anna Politkovskaja, titola a grandi caratteri la sua prima pagina su cui campeggia una foto di Boris Nemcov, uno dei leader dell'opposizione a Putin ucciso venerdì scorso a Mosca. Il giornale, più che dare conto delle manifestazioni di domenica o dell'accaduto in sé, dà spazio alla voce del politico ucciso riportando alcuni tra i suoi interventi più significativi: tra questi un'intervista del 2014 in cui Nemcov tracciava i capisaldi del'opera del suo movimento, e un suo discorso fatto la vigilia dell'assassinio a proposito della situazione in Ucraina, in cui – riassumendo per sommi capi – dipingeva il conflitto come conseguenza di una visione miope della gestione delle risorse energetiche da parte del governo russo. Quasi un voler provare con le sue stesse parole il perché Nemcov sia stato eliminato, facendole al contempo vivere anche dopo la sua morte.

Tutti i giornali russi dedicano comunque ampio spazio alla vicenda e soprattutto alla manifestazione di domenica: compresa la Komsomol'skaja Pravda, tradizionalmente eco del potere, che pare però concentrarsi più sui – veri o presunti – sforzi degli investigatori per risalire all'assassino, tanto da annunciare che la polizia avrebbe in mano addirittura una sua descrizione; mentre il quotidiano online Utro definisce l'omicidio di Nemcov «un avvertimento a Putin», in quanto «si tratta del primo e del più clamoroso sangue versato nell'attuale movimento di protesta in Russia. E, come la storia dimostra, in questi casi il primo sangue versato è anche l'ultimo», segnando in sostanza un punto di svolta definitivo verso una nuova coscienza nell'opinione pubblica.

Anche il resto del mondo, comunque, guarda alla Russia: il New York Times parla di «decine di migliaia di persone» che hanno sfilato a Mosca, riferendo di come «molti speravano che la manifestazione segnasse una ripresa dell'opposizione politica in Russia, ma ne dubitavano dati gli ostacoli burocratici che si erano dovuti affrontare per l'organizzazione»; e invece la testata newyorkese parla di 56 mila persone che, secondo alcuni media russi, avrebbero varcato i metal detector posti all'inizio del percorso della manifestazione, che ha miracolosamente ottenuto tutti i permessi necessari. «Non sarei mai venuta ad una manifestazione come questa – ha riferito una manifestante al corrispondente della testata -, ma quello che hanno fatto è stato come uno sputo sulla mia faccia. E io la mia faccia non la voglio nascondere».

Anche il britannico Guardian osserva come l'atmosfera fosse più di «silenzioso sconcerto» che di «rabbia esplosiva», facendo notare come si sia trattato della più vasta marcia di protesta dal 2011 – quando la leadership di Putin venne seriamente messa in discussione; mentre il madrileno El Paìs parla addirittura di «responsabilità morale di Putin», non tanto per essere il mandante materiale dell'omicidio, quanto per aver «alimentato il clima di aggressività verso i politici di stampo occidentale» che ha armato la mano dell'assassino. Il francese Le Monde pone addirittura come notizia di apertura un articolo dal titolo «La stampa russa denuncia un clima di paura dopo la morte di Boris Nemcov», riportando il testo di un appello congiunto di alcune testate secondo cui «viviamo in un Paese in cui la dissidenza è equiparata al tradimento, per il quale si può essere uccisi. E le guerre, così come gli assassini, sono facili da scatenare, ma difficili da fermare».

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