Obbligo di chiusura nei festivi? È incostituzionale
E alla fine la tanto attesa sentenza è arrivata: l’11 maggio la Corte costituzionale, in risposta al ricorso presentato dalla Presidenza del Consiglio e dalla grande distribuzione, ha dichiarato incostituzionale la legge regionale 4/2016 che impone la chiusura obbligatoria degli esercizi commerciali in 10 giornate l’anno – Pasqua, Pasquetta, 245 aprile, 1 maggio, 2 giugno, 15 agosto, Ognissanti, Natale, Santo Stefano, Capodanno. Secondo la Corte tale legge non riguarderebbe la disciplina del commercio, di competenza regionale, ma quella della libera concorrenza, di competenza statale; pertanto la normativa di Trieste non può contravvenire a quanto stabilito dal decreto Salva Italia firmato nel 2011 da Monti, che liberalizza gli orari di apertura. Per questo Federdistribuzione, nell’esprimere la sua soddisfazione, ha parlato di “vittoria della libera concorrenza”.
«Prendiamo atto del pronunciamento della Consulta – ha commentato il vicepresidente della Regione e assessore alle Attività produttive – ma restiamo convinti di aver combattuto una battaglia giusta. Siamo orgogliosi del percorso lungo e complesso che abbiamo intrapreso, sostenuti anche dal profondo consenso di vasti strati della società. Adesso tutto è affidato alla potestà del Parlamento, che auspichiamo si impegni per colmare al più presto una indiscutibile distanza tra la legge e il sentire della popolazione».
Sentire popolare che, in realtà, non è unanime: per quanto i commenti siano in generale sfavorevoli a questa decisione, anche quelli che invece la vedono di buon occhio non sono una minoranza trascurabile. C’è poi chi provocatoriamente propone di abolire in toto i giorni festivi, così che anche le scuole rimangano aperte e i genitori che lavorano non debbano ricorrere alle baby sitter; nonché chi si chiede che succederà alle casse regionali se gli esercizi commerciali chiederanno i danni per il mancato incasso nei giorni di chiusura forzata già avvenuti.
La sentenza ha fatto sentire i suoi effetti anche in Alto Adige, dove la Provincia autonoma si sta muovendo su linee simili a quelle su cui si era mosso il Fvg. Il presidente Arno Kompatscher ha affermato: «La sentenza non è una sorpresa, visti i precedenti e il quadro giuridico nazionale che non è cambiato, almeno per quanto riguarda il Friuli. Il nostro caso è un po’ diverso, grazie all’importante norma di attuazione sul commercio, ma gli spazi sono sempre molto ridotti e pertanto bisogna cercare di trovare soluzioni con strategie dirette e indirette. Stiamo ancora studiando»; ma il pronunciamento della Corte lascia intendere che l’amministrazione provinciale dovrà fare marcia indietro. La rappresentanza locale di Federdistribuzione ha così affermato di confidare in altre sentenze dello stesso tenore. Eppure c’è chi non si rassegna: è il caso dell’«Alleanza per la domenica libera dal lavoro», promossa dalla Diocesi, che da anni chiede di porre un limite. E anche la stessa giunta provinciale, forte della recente norma d’attuazione sul commercio «tessuta» da Karl Zeller, studia contromisure.