Nuovi orizzonti, la gioia nel dolore

Pubblichiamo l'intervista alla fondatrice Chiara Amirante, che trovate sul n. 4/2019 di Città Nuova, dopo la telefonata e il videomessaggio del papa in occasione dei 25 anni di vita della comunità

La fondatrice della comunità Nuovi Orizzonti è stata l’amica di tante mie amiche romane che hanno condiviso con lei la giovinezza e che, da adulte, me ne hanno raccontato la storia con ammirazione, “contemplando”, a distanza, le meraviglie che Dio ha operato attraverso di lei. Dall’incontro alla Stazione Termini, intorno agli anni ’90, con il popolo della notte e le sue ferite, alla creazione di centri di recupero o, per meglio dire, di “resurrezione” per giovani con tossicodipendenze, problemi di alcolismo, prostituzione, ex carcerati.

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Nel suo nuovo libro La guarigione del cuore (Piemme), ripropone il percorso riabilitativo scaturito dalla sua esperienza con i ragazzi accolti dalla strada. Sfogliandolo, colpisce una domanda: «Chi sono?». Domanda che Chiara racconta di essersi posta a 5 anni, mentre guardava il cielo «rapita dalla bellezza del firmamento».

Chi è Chiara Amirante? «È una persona che ha avuto l’avventura di lasciarsi raggiungere dall’amore di Dio – racconta –, che mi ha stravolto la vita. Se guardo indietro, non posso che cantare il Magnificat nel vedere la vita di un popolo che prima viveva nella disperazione più totale, e ora è testimone della Resurrezione!». Non esagera. Conosco anch’io qualcuna di queste resurrezioni: vite bloccate da ferite, dipendenze, disagi che, grazie al suo percorso di guarigione del cuore, rifioriscono e diventano, a loro volta, dono per tanti.

Ma qual è il segreto? «Abbiamo cominciato con l’individuare alcune ferite, alcuni atteggiamenti non sani che caratterizzano un po’ tutti, e alcune vie che, grazie alla luce della Parola di Dio, si possono trovare per uscirne – mi spiega Chiara –. Prima ho condiviso questa scoperta con i ragazzi nelle comunità di accoglienza. Poi anche nelle scuole. Infine, ho aperto il percorso a migliaia di persone che lo seguono ormai da anni. Non è un percorso psicologico, ma di scoperta di ciò che ci rende diversi da ogni altra creatura e unici: l’essere a immagine e somiglianza di Dio, lo spirito. La forza della spiritherapy, riproposta nel libro, sta nel liberarci di quei comportamenti non sani che ci condizionano, scommettendo sulla parte sana, divina, che è in noi».

Tante ferite, ma un unico comune denominatore: la solitudine. «Il vero male è la solitudine dell’anima, frutto della nostra società dei consumi dove l’“usa e getta” inquina le relazioni di amicizia e affettive, per cui spesso ci si sente usati, traditi e abbandonati. Questo porta a chiudere il cuore, per difendersi, e a relazioni virtuali e superficiali che non colmano il bisogno di comunione che c’è nel cuore di ciascuno. Il bisogno di essere amati per ciò che siamo e non per come appariamo».

La domanda iniziale – chi sono? – può fare paura. «Certo, fa paura. Oggi, non a caso c’è il fenomeno delle poli-dipendenze. L’80% dei giovani abusa di sostanze, alcool, pasticche, è dipendente da social, gioco, sesso “usa e getta”. Atteggiamenti che portano piaghe nell’anima, ma sono anche un’anestesia, per cercare di non soffrire, di non ascoltarsi. Perché nel momento in cui si fa silenzio e non si è anestetizzati, si deve fare i conti con il malessere. Però ci dimentichiamo che solo la verità ci farà liberi. Se non facciamo i conti con ciò che ci fa soffrire e continuiamo a sfuggirlo, poi quel “qualcosa” ci insegue. La paura di fermarsi, ascoltarsi, prendere contatto con il mistero, è proprio una caratteristica comune, oggi». Ma il valore di ogni esistenza non sta proprio lì? «Sì – risponde Chiara –, nella consapevolezza che abbiamo una vita sola, e possiamo prenderne il timone». Un percorso, quello proposto da Chiara Amirante, che è anche promessa di felicità.

Ma Chiara è felice di quello che ha creato? «Per la vita che ho scelto, sono sempre a contatto con una spada che trafigge il cuore in maniera drammatica: il grido dei fratelli che faccio mio. Questa sofferenza mi ha portato ad avere una salute che non funziona. Sono in una situazione di sofferenza fisica e spirituale che credo ammazzerebbe qualsiasi essere umano. Ma continuo a sperimentare ogni giorno la gioia piena che Dio ci dona. Questo è il miracolo più bello che mi sento di testimoniare: sono felice, non di una felicità fatta di sorrisi patinati, ma di una felicità che sgorga anche quando si è in croce. È questo “il paradosso della gioia nel dolore”, che l’uomo contemporaneo crede impossibile e che gli fa fuggire il dolore in ogni modo. Ma quando c’è l’amore, ogni dolore si trasforma in resurrezione. Anche tu puoi vivere il mistero della gioia nel dolore».

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