Nuovi migranti di un vicino futuro
«Un giovane disoccupato dell’hinterland milanese tenta di aggirare le barriere che marcano la frontiera francese ma la tormenta non gli lascia scampo».
Leggeremo mai nel febbraio del 2024 questa notizia che assomiglia tragicamente ad altre simili, salvo la nazionalità della vittima? Spero proprio di no. Ma la cosa è meno inverosimile di quanto possiamo credere, noi che abbiamo il privilegio di viaggiare tranquillamente attraverso confini resi aperti – anzi spalancati – dalla saggezza dei nostri padri. In Italia le cose vanno male? La politica continua ad avvitarsi su se stessa? Una certa qual valvola di sfogo comunque ce l’abbiamo: andare a cercar lavoro in Germania, in Francia, o in Gran Bretagna (anche se su quest’ultimo Paese ora c’è un grande interrogativo). Così hanno fatto milioni di italiani, non solo negli anni ’50 o ‘60 con il visto stagionale delle autorità di quei Paesi, ma anche (al ritmo di 100.000 l’anno) nel corso dell’attuale crisi, e senza bisogno di visti o permessi.
Oggi in Italia si parla orgogliosamente di porti e di frontiere chiuse, al grido di “Prima gli italiani!”, chiudendo accuratamente gli occhi di fronte alle tragedie delle guerre e delle molte forme di povertà che ci circondano. Per far prevalere questo orientamento nelle imminenti elezioni europee si ricercano alleanze politiche con partiti nazionalisti di altri Stati dell’Unione, sostenendoli nei loro sforzi per conquistare i rispettivi elettorati. Se questi partiti riusciranno a conquistare molti seggi nel Parlamento Europeo – si promette – il potere ritornerà dai palazzi di Bruxelles o di Strasburgo ai rispettivi popoli (delle cui vere esigenze questi partiti sarebbero i migliori interpreti).
Ma abbiamo mai pensato che il giorno in cui in Francia, Austria o Germania fossero al potere i nazionalisti, quei confini potrebbero essere chiusi in faccia, non solo agli eritrei o ai siriani, ma anche agli italiani? Che non si tratti di fantasie ce lo ha mostrato la campagna del referendum sulla Brexit, nella quale uno degli argomenti più convincenti a favore della separazione è stata proprio la paura di un’invasione di lavoratori provenienti dall’Unione Europea.
Non so a voi, ma a me la tragedia di chi fugge dai Paesi più malandati dell’Africa e dell’Asia provoca un misto di paura e di senso di colpa. E quando qualcuno è capace di bloccarli sono tentato anch’io di non guardare l’inferno in cui li ricacciamo. Basterebbero le ragioni del cuore per capire che così non va, ci ricorda papa Francesco. Ma forse possono aiutare anche le ragioni della testa, nonostante che possano suonare un po’ ciniche. Ad un Paese come l’Italia, affetto da un’alta disoccupazione giovanile, un’economia stagnante e un debito pubblico sempre più pesante, conviene veramente propagandare le logiche del nazionalismo e dei confini chiusi? Penso proprio di no.
Auguro a certi nostri politici che il giorno in cui – Dio non voglia! – riuscissero a cacciare l’economia italiana ancora più nei guai e anche le loro famiglie fossero alla ricerca di una via di fuga oltre confine, non debbano trovare dall’altro lato delle Alpi la strada sbarrata dallo stesso semplicismo egoista che oggi essi vanno arrogantemente predicando.