Nuovi crolli nell’area archeologica
Scarsa manutenzione, scelte sbagliate e una gestione poco lungimirante stanno determinando il degrado del sito.
Ci sono stati altri crolli negli scavi archeologici di Pompei, dopo la Schola Armaturarum crollata lo scorso 6 novembre, ma “per fortuna” questa volta si tratta solo di due muri. Martedì 30 novembre, è crollato un muro perimetrale della Casa del moralista ma, come riferisce una nota ufficiale della soprintendenza di Napoli e Pompei: «si tratta di un muro grezzo, già ricostruito nel dopoguerra dopo che quello originale era andato completamente distrutto a seguito dei bombardamenti della seconda guerra mondiale, come risulta agli atti. Il muro, proprio quest’anno, era stato oggetto di un intervento di consolidamento e messa a piombo ed era stato inoltre protetto con viminate sistemate su terrazzamenti. La violenza dei fenomeni atmosferici ha travolto le opere di protezione. Nessun pericolo invece si ravvisa per la Casa del moralista stessa. Dell’accaduto è stata data comunicazione al ministro Sandro Bondi e alle autorità ministeriali. Sta intanto continuando l’opera di monitoraggio messa in essere dalla soprintendenza archeologica, resa peraltro difficile proprio dalle eccezionali e avverse condizioni meteorologiche che stanno interessando l’area».
Il giorno successivo si sono verificati il cedimento della parte superiore di un muro grezzo lungo la via Stabiana e quello della parte superiore della parete d’accesso di un piccolo ambiente laterale di servizio della Casa detta del lupanare piccolo. Secondo la soprintendenza «le cadute di tali parti murarie vanno verosimilmente riportate alla perdita di coesione della malta antica che le legava a seguito delle martellanti piogge di questi giorni». «Si tratta di episodi possibili – dichiara la soprintendente Jeannette Papadopoulos – nel corso della vita di uno vasto sito archeologico di 2000 anni, soprattutto in condizioni climatiche come quelle di questi giorni e che non devono generare alcun allarmismo né generare casi sensazionalistici».
Le persone che vivono intorno agli scavi e che, in una certa misura, vivono degli scavi, che nonostante la brutta pubblicità di questi giorni, contano almeno due milioni di visitatori l’anno, sono sconcertati da tutte queste notizie. È certamente vero che da queste parti tanta pioggia come in questi giorni non si era forse mai vista, tanto che alcune vie di Pompei antica si sono trasformate in veri e propri fiumi. Ma suscita una certa impressione che non si riesca a trovare una soluzione a quello che è un problema già noto. Molti dicono che i crolli del primo dicembre riguardano zone che già in primavera avevano minacciato cedimenti e si chiedono come mai non si sia fatto niente. Altri temono che manchi la volontà di far decollare questa vera risorsa della città e della regione.
In poco tempo ci sono stati vari cambi al timone. Dopo la gestione commissariale di Marcello Fiori, in meno di un anno, si sono susseguiti tre soprintendenti: Maria Rosaria Salvatore, Giuseppe Proietti e Jeannette Papadopoulos, con un contratto di soli tre mesi. Come si può pretendere che vengano attuate iniziative di lungo respiro? Non è che non ci siano stati investimenti, ma non sono stati indirizzati a quelle che dovrebbero essere le vere priorità.
Il restauro del teatro grande, costato circa 6 milioni di euro, ha portato con sé una serie di polemiche per l’utilizzato indiscriminato di martelli pneumatici, betoniere, ruspe e per l’uso di mattoni in tufo di moderna fattura. Intanto la manutenzione ordinaria langue e il degrado è sotto gli occhi di tutti. Risolto in una certa misura il problema dei cani randagi, con l’iniziativa “(C)Ave canem – adotta un cane di Pompei”, restano i nodi della mancata sorveglianza di un’area così vasta, dei numerosi mosaici che perdono pezzi perché non si riesce a restaurarli, dell’erba che implacabilmente continua a crescere anche tra i muri, della malta tra le pietre che non viene rinnovata. Bisognerebbe assumere più archeologi, tecnici della conservazione e operai che svolgano ogni giorno un lavoro continuo di manutenzione, come si faceva in passato.